GRUPPO ALA
Sarah
Nome
Nome
Fin da piccola mia mamma mi ha raccontato l'origine del mio nome, o meglio, poche notizie ma che mi sono sempre restate nella mente. Debbo il mio nome a mio babbo che non concordava con quello che aveva scelto mia mamma. Lei mi voleva chiamare Stella, lui ha scelto Sarah, vilendo fortemente la mia H finale che tanto mi rende orgogliosa. Penso che entrambi si fossero accordati per dare a me e mio fratello, più grande di due anni, un nome che iniziasse con la lettera S. Mia mamma proponeva Saverio e Stella. Alla fine siamo Simone e Sarah. In fondo al cuore però mi sono spesso sentita anche un po' Stella.
Sarah
Il mio primo ricordo
Il mio primo ricordo
Non posso non ricordare il giardino della mia prima casa, dove ho vissuto fino all'età di nove anni. Ho passato lì i giorni più belli della mia infanzia, giocando insieme a mio fratello e a Federica, la vicina di casa che chiamavo dalle finestre. Andavamo in altalena, correvamo con le biciclette, si scavava per trovare il tesoro, si costruivano sculture con le cortecce. Le foglie del nespolo erano fette di carne nei giochi di cucina mentre le fragole selvatiche ce le mangiavamo davvero. Chiudo gli occhi e ancora sento il profumo del gelsomino che cresceva maestoso sulla scalinata di casa.
Sarah
Autoritratto
Autoritratto
Vorrei descrivermi in modo diverso dal solito, senza parole ma con immagini, senza descrizioni ma con emozioni. Vorrei parlare di me come una barca, con lo scafo in un mare non sempre limpido, non sempre calmo. Un mare con acque talvolta gelate, talvolta più calde. Un mare che fermo non sta perchè la corrente non ha mai fine e ti porta dove tu non sai. Però sei barca, sono barca, ed ho una vela e solo un piccolo motore. Perchè ogni tanto devi avere il coraggio di cambiare direzione, senza però mai dimenticare che è il vento che ti porta a largo. E mi lascio portare con fiducia ed emozione perchè in quel soffio riconosco la Guida che mi condurrà sulla mia rotta.
Sarah
Famiglia
Famiglia
Siamo sempre stati quattro. Anche quando erano due, anche quando non si conoscevano. Babbo, mamma, io e Simone. Un'infanzia Insieme, insieme con la I maiuscola dove il primo valore trasmesso era il rispetto, l'onestà e la fiducia. Siamo cresciuti liberi, di pensare, di fare scelte, di camminare. Ma Insieme, anche a distanza, anche quando quattro non siamo più stati. La mia famiglia adesso è di nuovo di quattro: io, mio marito e i miei figli. Potevamo essere tre, ma il quarto era nel Disegno che è da sempre, ed è arrivato dalla Russia, a soli quattro anni di età. Siamo ancora quattro... ma potremmo cambiare numero...
Sarah
Insegnante
Insegnante
Penso alla mia maestra, anche se di insegnanti ne ho avuti molti, taluni dal carisma e dall'intelligenza indimenticabile, taluni dalla personalità e capacità educativa ben più discutibili. La maestra delle elementari è scolpita nella mia mente. Non era "mamma" con i suoi alunni, non era dolce né autoritaria. Non mi ha lasciato ricordi o valori indelebili. Però ricordo il suo volto, scavato dalle rughe e molto abbronzato, segno del suo amore per il mare estivo e invernale. Ricordo che era minuta, biondissima e che la sua voce era un po' rauca, come chi fuma tante sigarette. Ricordo il suo profumo, anche se non so descriverlo. Ricordo come muoveva le mani, come camminava, come si voltava a guardarci. Ricordando lei, ricordo le emozioni che provavo allora, sento l'odore delle matite nell'astuccio di plastica dura, sento il profumo della carta dei quaderni, e il suono dei libri riposti in cartella. E mi ritrovo bambina, ora come allora, di minimo sei anni e di massimo dieci.
Sarah
Progetto
Progetto
Avevo nove anni quando iniziai a scrivere il mio primo libro. Andai in un parco cittadino con una mia compagna di classe, accompagnate da suo padre. All'interno si trovava un vecchio ospedale in stato di totale abbandono da molti molti anni, recintato e chiaramente chiuso al pubblico. Non so perchè il padre avventuroso della mia amica ci propose di fare una "visitina" approfittando di un varco nella rete. Già questa intraprendenza mi colpì e contemporaneamente affascinò moltissimo. Chiaramente facendo attenzione e prestando prudenza, ci trovammo in mezzo a un rudere che ospitava vecchie lastre e pubblicazioni distrutte sul terreno e tralci di rose fiorite che si facevano strada sui muri. La mente e il cuore iniziarono a far fluire emozioni senza controllo. Meraviglioso. Tornata a casa ricordo che non raccontai molto ai miei genitori, per timore di un loro giudizio su quel babbo che ai loro occhi sarebbe stato certamente considerato imprudente. Presi però un quaderno e iniziai a scrivere. Era rossa la copertina e le righe erano quelle di terza elementare.
Sarah
Gioia
Gioia
Nessuna gioia è più grande per una madre che incontrare per la prima volta lo sguardo di suo figlio. Mi è capitato due volte, due volte così diverse tra loro, eppure così identiche. Un bambino piangente e ancora sporco di sangue poggiato sul mio seno la prima volta; un bambino di quattro anni che lascia la mano di una sconosciuta per correre tra le braccia del suo nuovo papà la seconda volta. Stessi battiti accelerati del cuore, stesse lacrime a rigare il mio volto, stessa emozione, stessa immensa e indescrivibile gioia.
Sarah
Casa
Casa
Se penso ad una casa dove ho abitato in passato non posso che ritrovare nella mente e nel cuore quella della mia prima infanzia. Obbligo passare dal giardino, per me come un paradiso, dove ho trascorso gli istanti più belli della mia vita, quelli che donano sogni e desideri. Salivi tre scalini ed entravi nella mia piccola reggia. Un grande ingresso quadrato, dove giocavo con mio fratello a tutto ciò che la fantasia ci suggeriva. Da piccoli, le cassette della frutta erano le nostre barche a vela, gli scatoloni di cartone le nostre auto. Poi giocavamo a tennis, e ci rincorrevamo in cerchio con i tricicli e con le prime biciclette. a sinistra la cucina, a destra sala. In cucina ho assaggiato il mio primo e ultimo quadratino di cioccolata e ho decretato: "la cioccolata non mi piace!". Della sala ricordo le morbide poltrone di pelle, i compleanni con gli amici e la finestra da cui saltammo io e Simone, per scappare in giardino, quando un poco gradito topolino entrò dalla porta principale. Una grande porta scorrevole separava l'ingresso dalla zona notte: la nostra cameretta piena di giochi e colori, la camerona dei genitori e il bagno con le mattonelle rosa. E poi profumi, rumori, e le voci di chi mi ha donato un'infanzia tanto bella. Il mio sogno più grande sarebbe un giorno poter di nuovo varcare la porta di quel mio appartamento che lasciammo quando avevo nove anni.
Sarah
Viaggiare in Europa
Viaggiare in Europa
Croazia: la prima volta che sono andata è stata in occasione del mio viaggio di nozze. Volevamo un luogo tranquillo, vicino, fuori dalle consuete mete delle lune di miele. Tutto il matrimonio è stato organizzato in estrema intimità e semplicità. Della Croazia ricordo i colori, quello azzurro e verde del mare e quello verde della vegetazione. Rivivo il fresco settembrino, la carezza del vento tra le case dei pescatori, il profumo del pesce grigliata lungo le strade. E poi le cascate dei parchi naturali, le isolette visitate con i barconi, il vociare del mercato, meta attesa nelle varie città , i diversi nidi che la sera ci accoglievano, come giovani sposi, per sognare il nostro futuro. Dopo quel primo anno, almeno per altri tre siamo tornati, per vivere l'esperienza di Medjugorie e per godere ancora delle meraviglie di quella terra con il nostro primo figlio.
Sarah
Poesia
Poesia
Respiro me, in quest'aria che mi ha visto essere. Roma, 2003
Sarah
Volti
Volti
Leggo la carta e chiudo gli occhi per immaginare il primo volto che mi viene in mente. Impossibile. Impossibile trovarne uno. Penso a tutti i volti di amici, figli, parenti...tutti che mi guardano e mi dicono "scrivi di me". Sorrido e continuo a guardarli, eccitati e ammiccanti, curiosi della mia scelta. Chiudo gli occhi di nuovo e peso a caso. Eccolo, è il volto di Giampiero. In disparte rispetto a tutti gli altri. Lo faccio venire avanti e intorno a lui vedo tantissimi altri preziosi volti di chi era rimasto in disparte. In disparte solo nella mia mente che corre, ma in primo piano nel cuore che si ferma, troppo raramente purtroppo a ripescare i tesori più nascosti. Giampiero ha il viso scavato, la pelle indurita, il sorriso che si mischia a una smorfia, denti poco curati e in alcuni punti mancanti...ma il suo sguardo è il più dolce e il più bello che abbia mai incontrato e mi parla di lui. Fratello infinitamente buono e bello, nonostante tutto. Nonostante tutto.
Sarah
Ponte
Ponte
Il ponte più importante che ho attraversato mi ha visto seduta in un vagone di treno. Giorno 9, mese settembre, anno 2000. Direzione Roma. Destinazione: due anni di Vita nella comunità Nuovi Orizzonti. Famiglia: innumerevole. Pericoli: tanti. Fiducia: smisurata. Paura: assente.
Sarah
Incontri
Incontri
Tre persone intorno a un tavolo. Siamo io, mio marito e la psicologa dell'associazione internazionale che ci ha condotto a incontrare...NOSTRO FIGLIO. Telefonata inaspettata, incontro immediato, quello stesso pomeriggio. "Questa la scheda sanitaria che evidenzia le problematiche del bambino. Se accettate comunque di partire, vi faccio vedere la sua foto. Se non ve la sentite, decidete con estrema libertà, evito di farvela vedere". Avevi due occhi meravigliosi, che ci chiamavano. Abbiamo sentito il tuo grido e siamo corsi da te.
Sarah
Animali
Animali
Cleo, il mio primo animale: un pesciolino vissuto parecchi anni, nonostante il suo cibo fossero solo qualche briciola di pane e, talvolta, qualche pizzico di pepe. Lucrezia: la mia tartaruga di terra. Briciola: il mio criceto bianco, quello che dopo solo un mese capii essere femmina, visto l'inaspettata nascita dei piccoli. Guja, finalmente è arrivata! la nostra cagnolina, attesa e desiderata fina da quando ero piccola. "Quando sarai grande prenderai il cane" - mi sentivo ripetere ad ogni mia richiesta. Grande (forse) sono diventata da un po' e, accanto ad desiderio immutato, ho compreso di più le risposte dei miei genitori. Ma alla fine ho ceduto. Da quando è con noi, non riesco a ricordare o immaginare la vita senza.
Sarah
Giochi d’infanzia
Giochi d’infanzia
Il bello della mia infanzia è l'assenza di telefoni cellulari, giochi elettronici, computer e social di ogni tipo. Solo la televisione ci regalava un'oretta pomeridiana di cartoni animati, ancor più belli quando si sono tinti dei colori della nuova tecnologia. I giochi erano meravigliosi e la fantasia faceva da padrona. Ho avuto la fortuna di avere un fratello di soli diciassette mesi più grande di me e un grande giardino dove giocare per la maggior parte del tempo. Una bambola sempre tra le braccia non mancava. Lo spirito materno mi ha accompagnato fin da piccola, ma con un bambolotto legato in vita non mi sono fatta mancare cavalcate da cow boy in sella alla bicicletta, nascondigli audaci per non farmi trovare dagli amici, esperimenti scientifici con grilli o formiche, costruzioni di corone di alloro, pomeriggi in altalena. E quando una pallina da tennis o un pallone da pallavolo ci erano concessi, trovavamo anche il tempo di organizzare le nostre olimpiadi!
Sarah
Musica
Musica
Era il suo diciottesimo compleanno. Era innamorata di lui da almeno quattro anni, ricevevo i suoi sguardi, le sue attenzioni e i suoi meravigliosi sorrisi e me li facevo bastare, come istanti preziosi da custodire nel cuore e condividere con il mio diario segreto. Aspettavo e desideravo di più, ma non sapevo che cosa di più potesse esistere. Mai dimenticherò la gioia del suo invito alla sua festa , l'emozione nel vestirmi, il cuore in fremito nel varcare la porta della sua sala, il sentirmi gli occhi addosso di tutti gli invitati, anche se nessuno mi guardava. E poi Venditti. Ricordati di me era il titolo della canzone. Mi chiese di ballare. Il mio primo "lento". Anche l'odore della sua pelle ho avuto la gioia di custodire, nel cuore e nelle pagine del mio diario. E non avrei potuto desiderare di più.
Sarah
Tristezza
Tristezza
Triste sono stata il giorno in cui ho rischiato di prendere la mia prima nota a scuola: era un'ingiustizia. Triste sono stata quando è improvvisamente morto il babbo di una caro amico: non sapevo potesse esistere un dolore tanto grande per un figlio. Triste sono stata alla morte del mio nonno, e poi della mia nonna: ho pensato a quanto avessi potuto fare di più per un solo loro sorriso in più. Triste sono stata quando mi sono lasciata dal ragazzo che amavo, e dal quale mi sentivo amata: ho capito che alcune volte è qualcun altro che decide per te. Triste sono stata quando ho visto tanti giovani scegliere strade di morte, o cadere nella tentazione di tornare a percorrerle: ho sperimentato l'impotenza. Triste sono stata quando ho perso il mio bambino, poco più di un fagiolino nel ventre: mi sono sentita svuotata nel corpo e nel cuore. Triste sono stata quando ho perso mio padre: ho capito il dolore dell'amico che lo aveva perso molti molti anni prima...
Sarah
Europa
Europa
In un tempo in cui la diversità è un ostacolo. In un tempo in cui il più debole è calpestato. In un tempo in cui la guerra sembra vincere la pace, la violenza l'amore le urla i silenzi. Voglio fare silenzio, custodire l'amore respirare la pace camminare insieme al più debole e insieme a te, sentirmi diversa.
Sarah
Avventura
Avventura
Io, cartina e bussola. Mi sveglio alle 4, una doccia veloce, vestiti primaverili, perchè è aprile e ad aprile freddo non fa. In testa un cappellino con la visiera, a nascondere i capelli legati con una crocchia e magari un po' della mia femminilità. A quell'ora buia raggiungere a piedi la stazione di Roma e aggirarmi tra i sottopassaggi e i binari, è più conveniente farlo nel modo meno eccentrico possibile. Treno fino a Campiglia. Pullman fino a Piombino. Cerco la prima nave disponibile. Intanto il sole si è alzato in cielo e i capelli sono caduti sulle spalle. Attraverso il mare come una gitana. Nessuno sa dove vado. Ho salutato parenti e amici confidando la necessità di qualche giorno di riposo. I gabbiani cantano mentre le pulsazioni del mio cuore segnano il ritmo. Quando scendo sull'Isola posso scegliere se cercare un autobus o incamminarmi per la salita. Scelgo quest'ultima strada. So cosa vuol dire salire, faticare, sudare, fermarsi per riprendere fiato, ripartire, sentire la necessità di bere e saper aspettare. Poi arrivo da lui, da chi, da quella visita a sorpresa, insieme a me è divenuto architetto del nostro futuro. Così ho incontrato mio marito.
Sarah
Stanza
Stanza
La casa che scelse per andare a vivere da solo era più una stanza che una casa. Poco più di angolo cottura e un piccolo bagnetto. Poi un divano, una tv di fronte e alla parete una rete da pescatori appesa. Poco distante un letto e un armadio. Niente serviva di più, né a lui, né a me. Era la sua casa in affitto, era il nostro piccolo nido. Sono più le emozioni che i ricordi. A volte fremiti di gioia, a volte pennellate di dolcezza. Talvolta grida di dolore e lacrime a rigare i volti. Il mio e il suo. Perchè l'amore con la a minuscola non sempre vince. L'amore con la A maiuscola sì. Ed è questo che abbiamo deciso di seguire, anche a costo di lasciarci.
Sarah
Voce
Voce
Penso a un megafono da cui provengono voci sconosciute, grida e talvolta canti intonati che di armonioso non hanno niente. Nè di piacevole e forse nemmeno di emozionante. Sono le voci dei rappresentanti di istituto del Liceo frequentato negli anni Novanta, quando l'occupazione, la voglia di rispolverare i moti studenteschi, la guerra del golfo e gli attentati mafiosi suggerivano sommosse e la ricerca di risposte mai avute. Ero giovane, inesperta, con una personalità che andava formandosi. E allora si approfittava della scuola chiusa, delle interrogazioni e dei compiti in classe che saltavano. Ma, almeno all'inizio, almeno quando la scusa non era un volantino firmato Cip e Ciop a suggerire di "non entrare", anche io prendevo parte a quelle manifestazioni in piazza o sotto i portici della mia città. Non importava se fossero di "destra" o "di sinistra" quelli che urlavano, se fossero "bianchi" oppure "neri", se fossero "maschi" oppure "femmine"... io volevo esserci. Anche se poco capivo. Anche se mancava armonia. Anche se mi sentivo un pesce fuor d'acqua. Sempre e comunque.
Sarah
Zaino
Zaino
Pensare a uno zaino, in questo tempo, non mi riporta alla mia infanzia, ma al pensiero attuale di tanti profughi, costretti a partire con poche cose per lasciare una terra in guerra, o in povertà. Vedo o tanti bambini a cui improvvisamente viene chiesto di riempire una borsa con poche cose essenziali. Futuro ignoto. Speranza di tornare incerta. Forse impossibile, ma a un Bambin non si dice. Non si dice nemmeno che al posto della casa potranno esserci macerie, che al posto dei suoi giochi, solo polvere e distruzione. Da bambina, avrei messo nello zaino il mio Ciccio Bello, il pupazzetto rosa con cui dormivo e il fratellino orsetto bianco; ognuno aveva un nome: Carlo, il bambolotto, Micio il pupazzetto e Giuro l'orsetto. Avrei fatto una magia per far sì che in loro si trasferisse lo "spirito" di tutti gli altri giochi che avrei dovuto lasciare. Poi avrei messo un diario e tante penne per scrivere e disegnare ogni giorno della mia vita. Se quello zaino dovessi prepararlo oggi, metterei forse qualcosa di diverso, ma ugualmente farei la magia perchè lo "spirito" di tutto fosse con me e non scorderei carta e penna per avere davvero tutto ciò che serve.
Sarah
Lettera
Lettera
Una lettera? La scrivo a te… o almeno, la inizio… Cara amica, niente mittente in questa lettera, non certo perché voglia restare anonima, ma perché niente possa turbare la tua vita di adesso che hai voluto così distante da quella di un tempo. Niente mittente che possa magari inibirti ad aprire questa busta. Niente mittente a cui le Poste possano rimandare questo mio scritto qualora l’indirizzo per tentare di raggiungerti fosse sbagliato. Almeno anch’io mi regalo l’illusione di essere arrivata comunque a te. Nessuna aspettativa di risposta, anche se non puoi immaginare quanto la desideri. Più di trent’anni…da quando ci siamo salutate, anche se, a dire il vero, non ricordo quel momento. Meglio così, non sono mai piacevoli gli strascichi del passato, le promesse che non possono mantenersi e i saluti dovuti anche quando non profondamente voluti... ...
Sarah
Cibi europei
Cibi europei
Il cibo del ristorante cinese non mi entusiasma ma i ricordi a cui mi rimanda sono piacevoli e fanno nascere un sorriso sul mio volto al farli riaffiorare alla mente. Al Cinese sono andata la prima volta a Roma, con i compagni di vita del Centro Arcobaleno, quando, stanchi delle faticose routine a contatto con il dolore e la paura, ci ritagliavamo il necessario tempo per noi. Indimenticabili le fughe serali con Elena ma altrettanto indimenticabile la mia prima volta, truccata e agghindata dalle amiche di strada come per andare alla "prima" di un concerto. Quando riguardo la foto scattata intorno al tavolo non so se mi ricordo più della fragranza degli involtini primavera, del sapore dolce del pollo alle mandorle, dell'inconsistenza delle nuvole di drago...o piuttosto dell'imbarazzo nel trovarmi così tanto truccata dal non riconoscermi ogni volta che la mia immagine si rifletteva nella vetrata...
Sarah
Scuola
Scuola
8 febbraio 2000. La data della mia laurea, a conclusione di un ciclo di studi in giurisprudenza che mai sostituirei con altri. Anche se non faccio l'avvocato, pur essendo avocato. Anche se non mastico leggi, pur conoscendone bene il sapore. Non mancava nessuno delle persone più importanti della mia vita: babbo e mamma. Fratello e cognata. La migliore amica. Le compagne di studi universitari, divenute sorelle di strada. Le amiche dell'adolescenza che anticipavo in una tappa così importante, quasi come una cavia che si deve osservare per comprendere la sorte futura. C'era anche Massimino, il ragazzino down che iniziò a "camminare e parlare" con me ai tempi dell'asilo e che ancora non dimentica niente di ciò che conta davvero. E poi c'era lui, il ragazzo che mi fece scoprire l'amore e al quale, per Amore, ho dovuto rinunciare. Ricordo l'ansia, l'emozione e la gioia. I volti dei professori dietro al tavolo, lo sguardo carismatico del mio relatore. Poi sento gli applausi, stringo le mani e sorrido; abbracci e baci per gli amici. Improvvisamente il professore relatore, di diritto costituzionale, mi chiama, tra i festeggiamenti. "Le vorrei proporre di continuare la carriera universitaria, collaborando con il nostro Istituto". Non mi aveva detto niente fino a quel momento. "Vorrei andare qualche giorno a Vienna, a trovare un'amica", gli risposi con l'ingenuità di una bambina. Mi sorrise, e mi assicurò che il tempo per il mio meritato viaggio era intoccabile. Ho iniziato così la mia strada da Dottoressa...a settembre dello stesso anno però la mia vita avrebbe preso una direzione totalmente diversa.
Sarah
Passaggi
Passaggi
Ci sono tunnel dove le mura sono di pietra e tunnel dove le mura sono di carne. Ricordo maggiormente questi ultimi. Ci sono passata e ci ho visto passare tanti fratelli. E' necessario quando si deve avere il coraggio di trovare una via d'uscita. Quando al di là del tunnel c'è una luce che chiama alla speranza, al sorriso, alla pace. Eppure devi attraversare il buio e spesso un percorso ignoto, difficile e doloroso. Ma al di qua del tunnel non si può più stare. A volte c'è una mano amica che decide di camminare con te, altre volte devi fidarti solo della luce che vedi alla fine. Capita poi che quella luce sia dietro una curva e allora proprio non la vedi. Devi solo fidarti. Io mi sono fidata e ho lasciato la dipendenza di una storia d'amore pericolosa. Poi ho provato a raccontarlo. E altri, mi hanno raggiunto al di là del tunnel. Abbiamo camminato insieme e abbiamo capito che tante altre gallerie ci avrebbero aspettato.
Sarah
Studio e lavoro in Europa
Studio e lavoro in Europa
Non ho mai vissuto l'esperienza dello studio all'estero in prima persona ma ho sentito da vicino i battiti del cuore di mia cugina (una sorella per me) quando il figlio di 17 anni ha deciso di frequentare la quarta liceo in Svezia. Sconsigliarono frequenti telefonate o messaggi, festeggiò lì i suoi 18 anni, altra lingua, nessun amicizia alla partenza. Ho accompagnato le ansie e le paure della mamma, ma ho anche fatto scorta di gioia ed entusiasmo del figlio che al rientro mi ha raccontato quanto unica e indimenticabile sia stata per lui questa esperienza. Da mamma di ragazzini ancora piccoli spero di aver imparato qualcosa...
Sarah
Desiderio
Desiderio
Nessuna domanda potrebbe essere più difficile per me: esprimere un desiderio. Mai riuscita davanti a una stella cadente, mai riuscita davanti alle candeline da spengere sulla torta di compleanno. E allora, di nuovo, adesso, con la "regola" di scrivere di getto direi come allora "che i miei figli siano felici" ma questa voglia decido di fermarmi. E pensare. Pensare che potranno i figli trascorrere anche momenti che ben poco hanno di "felicità" ma che ugualmente spero trovino la forza per affrontare le prove che la vita porrà loro di fronte. E pensare che anche io posso avere qualche desiderio egoistico. Allora, penso (ma non troppo) e scrivo: vorrei comprarmi una smart, usata ma non troppo. Vorrei prendermi un giorno di ferie al mese e dedicarlo solo a me stessa. Vorrei trovare il tempo di andare in palestra. Vorrei fare un viaggio, senza sapere quando dover tornare. Vorrei non smettere mai di scrivere e capire ancora che cos'altro vorrei.
Sarah
Amici
Amici
Per i miei 40 anni ho organizzato un compleanno su un prato, a Fortullino, una località di mare tra la mia città e Castiglioncello. A Fortullino, di maggio, trovi una grande prato e a fianco una bella spiaggia. Al di là del muretto delle pietre di diversa dimensione o poi il mare, infinito, meraviglioso. Gli alberi sono tamerici: danno la giusta ombra e ispirano i cuori, con le fronde leggere mosse dal vento e i tronchi con i segni della lotta contro il vento o piuttosto delle danze e degli abbracci magici che si scambiano nelle giornate di libeccio. C'erano tutti gli amici, e anche di più grazie al passaparola e alla forma magica "ognuno porti qualcosa". Asciugamani per terra e plaid per i più organizzati. Il cibo non è mancato, ma non era quello che contava. Chitarra, canti, sorrisi e ricordi. Infiniti questi! E poi tanti bambini, i figli degli amici, quelli che avranno avuto la nostra stessa età quando le strade ci hanno fatto incontrare. Il mio regalo più grande sarebbe arrivato qualche l'anno dopo, ma già lo attendevo con gioia. E non potevo non condividerlo in quel momento. Un'attesa che non faceva crescere la pancia ma il cuore. Lui, il pezzettino mancante alla mia gioia. Quattro anni, biondo, occhi azzurri ... Dopo poco più di una anno avremmo festeggiato insieme tanti altri compleanni.
Sarah
Aspettative
Aspettative
Non mi piace avere aspettative. Preferisco mettere tutto l'impegno possibile per dare il meglio di me senza fare errori e cerco di vivere pensando che da quelli inevitabili che farò potrò solo trarre insegnamento. Mi concentro più sull'obiettivo che sull'aspettativa, anche se talvolta potrebbero coincidere. Se penso a una clessidra non mi viene da riflettere sulle aspettative, piuttosto penso ad una cara persona, che non c'è più, che ne teneva una, di ottone, sula scrivania. Adesso lui non c'è più, la sua scrivania è occupata da altri, ma quella clessidra è davanti a me, sulla scrivania che, grazie a lui, ogni mattina occupo anche io.
Sarah
Svolte
Svolte
Quante volte, dall'età dell'adolescenza a quella delle grandi scelte, quando scelte consapevoli e mature sono ancor più necessarie, ho incontrato un "palo" dalle multiformi direzioni. Non quando ho scelto gli studi da percorrere. Sì, quando ho dovuto abbandonarmi all'amore di un ragazzo. Mai un colpo di fulmine. Sempre il mio dover abbattere barriere, timori...Ugualmente per interrompere quelle stesse storie, divenute più o meno travolgenti. Poi le scelte di vita: lasciare casa, famiglia, amici e certezze. Direzione: grande città, vita comunitaria, stato di famiglia con i cd "delinquenti", in cambio l'esperienza più bella e importante della mia vita a contatto con l'Amore che cambia le vite. Se dovessi oggi parlare a quella ragazza dai mille dubbi le direi di fare silenzio e ascoltare il cuore. Là, in fondo, troveremo sempre le giuste risposte e la giusta direzione.
Sarah
Messaggio
Messaggio
"Ho iniziato a leggere il tuo primo romanzo... E' bellissimo. Mi sono commossa tanto e ho pianto tutto il tempo...però mi ha fatto pure sorridere. Anche io avevo Giovannone! Mi piace molto come scrivi". Ultimo messaggio, ricevuto questa mattina, che mi ha aperto il cuore.
Sarah
Conquiste
Conquiste
Ce l'ho fatta ad arrivare là dove la vita mi ha prepotentemente convinto ad andare. Avevo nove anni quando per la prima volta capii che cos'era l'adozione. Una mia carissima amica ebbe il meraviglioso dono di una sorellina indiana. Sono cresciuta con il desiderio di diventare mamma di un bambino che non l'aveva più. L'ho condiviso con chi mi è stato accanto e a cui sentivo di poter donare il mio cuore: amicizie, storie importanti... Poi mio marito, poi il mio primo figlio biologico, bambino di cinque anni. È stata una corsa a ostacoli, uno scalare montagne insormontabili, sassaie scivolose e pericolose, tempeste impreviste. Ma sempre con la certezza che quella strada era la nostra strada. Siamo arrivati alla vetta: un abbraccio senza uguali. Ed ora continuiamo a scalare in quattro, in cordata.
Sarah
Luoghi
Luoghi
Ci sono i luoghi dell'infanzia, quelli dell'adolescenza, quelli della giovinezza, quelli dell'età matura. Poi ci saranno quelli, a Dio piacendo, della vecchiaia. Potrei trovarne uno simbolico per ogni età: un giardino, una barca, una casa, un parco giochi, un intero quartiere, una città della Russia, un campo di calcio. Tutto ti smuove ciò che custodisci in te. Scelgo di dedicare poche parole a una barca: prima gialla, poi rossa, poi bianca. Prima senza vela, poi con una randa e un fiocco, poi con una randa, un fiocco e un MPS. Tutte capaci di donarti il sapore del salmastro, la musica e il fruscio delle onde, la carezza del vento, il profumo del maree un orizzonte sconfinato. Un solo nome per tutte: Tatteripiperi.
Sarah
Sorpresa
Sorpresa
Fu una vera sorpresa quando, il giorno del mio compleanno, nella mia fase di vita lontana da casa e da tutto ciò che è una " normale quotidianità", suonarono al cancello del Centro Arcobaleno. Il Corriere aveva una pianta, un piccolo Olmo, e tra la terra del vaso era inserito un fiore, una Gerbera rosa. Il destinatario del dono ero io. Il mittente sconosciuto. Solo un biglietto con scritto AUGURI. Ci volle poco a capire per me e se per tutti i miei coinquilini rimase un mistero, il mio cuore dai battiti accelerati, riconobbe la galanteria e la discrezione di chi, adesso, è al mio fianco come straordinario marito.
Sarah
Città Europea
Città Europea
Ho voglia di tornare a Parigi. Ci sono stata con i miei genitori e con mio fratello quando avevo 16 anni e lo ricordo come un viaggio straordinario. Viaggio in treno, vagone cuccette, ultima settimana di luglio. Caldo, vento la sera, fresco talvolta. Louvre, Pompidou, Museo D'Orsay. Torre Eiffel, Champ Elysee, Lafayette...ma più di tutto i vicoli, i Cafè, gli artisti di strada e tutto ciò che i miei genitori ci facevano scovare. Vorrei tornare adesso senza guide ma scoprendo autonomamente quel fascino che mi hanno fatto assaporare. Quando si è guidati da altri alla scoperta del tesoro, si perde il gusto di scoprirne il percorso. Anche sbagliare rotta aiuta a crescere.
Sarah
Treno
Treno
Ci sono ricordi che si ripetono e si susseguono all'infinito. E se mi si chiede di pensare a un significativo viaggio in treno, non posso che pensare al 9 settembre 2000, quando lasciai casa, amici, famiglia, lavoro...per andare incontro a straordinari Nuovi Orizzonti. Un borsone e pochi soldi appesi al collo a farmi compagnia. Partenza Livorno, arrivo Roma. Pensieri infiniti ad attraversare mente e cuore. Eccitazione per quella che sapevo non sarebbe stata solo una importante esperienza di vita, lacrime per l'aver lasciato cuori preziosi nella sofferenza, paura per un futuro nuovo che, solo apparentemente, avrei dovuto costruirmi da sola, nostalgia degli abbracci e dei sorrisi della mia famiglia che avrei potuto solo immaginare da quel momento. Voglia di stare con gli amici, di trascorrere qualche ora in più con l'Amica con la A maiuscola. E in sottofondo il rumore delle rotaie e quei paesaggi che corrono veloci dal finestrino, quando tieni sempre la testa appoggiata al vetro e gli occhi sono pieni di lacrime. Lacrime di gioia e lacrime di tristezza, di paura e di eccitazione. Lacrime di vita, che fanno crescere.
Sarah
Amore, Amori
Amore, Amori
Da Amori in corso di Claudio Baglioni.... quella strofa che parlano per me... Amori di mare Quando la pelle s'increspa e ha paura Sono una cosa sola con le stelle e il velluto Di una notte scura...
Sarah
Cadute
Cadute
Conosco lo sconforto, il vuoto, la paura. Il cuore che batte all'impazzata ma avrebbe voglia di fermarsi, le lacrime che scendono sulle guance mentre ti lavi i denti la mattina, lo sguardo fisso nel vuoto, incapace di continuare a fingere, la voglia di non uscire di casa, di non uscire da te. Non si ascoltano le parole amiche, non si sente il calore di un abbraccio, non si accoglie nemmeno un sorriso. Non si ha voglia di niente. Poi ti viene incontro il cinguettio di un uccellino, ti consolano le gocce di pioggia sui vetri o una foglia ormai stanca che si stacca da un ramo. Inizi a sentire la carezza del vento e il bacio di un raggio di sole. Anche tu hai qualcosa da dire e la tua voce è in una tela pulita che giorno dopo giorno regala una macchia di colore in più. E piano piano...torni a vivere.
Sarah
Nascita
Nascita
Mi piacerebbe scrivere della mia nascita e delle mie emozioni. Provo a pensarmi, inondata di luce dopo l'ombra dei nove mesi nel grembo di mia madre. Provo a convivere con la mia tenera pelle, sottile e fragile, che deve abituarsi a non essere più bagnata dal tiepido liquido amniotico. Sento il calore di una abbraccio, poco esperto ma pieno d'amore. Presto arrivo a quel punto, il più desiderato, dove trovo pace succhiando il dolce latte materno. Strani suoni mi circondano, non più ovattati come allora. Pian piano sorrisi e musiche, occhi grandi fissi nei miei. Cerco di capire ma trovo pace solo e sempre nel sapore di quel latte e nei suoi abbracci, di mamma, che riconosco da sempre.
Sarah
Scoperte
Scoperte
Con i fratelli tossichelli ho scoperto tante cose. Ho scoperto che la droga può essere nascosta nelle capsule dei denti o addirittura nella cavità fisiologiche... Ho scoperto che se dietro le panchine dei parchi pubblici trovi resti di palloncini in gomma è perché hanno racchiuso il famoso veleno eccitante ma mortale. Ho scoperto che ci sono regole e codici morali di delinquenza, che un cartone a volte tiene più caldo di una coperta. Ho scoperto che basta poco per infrangere cuori duri e che l'amore può abbattere ogni barriera. Ho scoperto che in fondo ai loro cuori risplende una fiammella divina che merita di essere curata per tornare ad ardere e ad amare.
Sarah
Viaggi
Viaggi
Ricordo il mio viaggio a Vienna. Il mio primo grande viaggio da sola, da ragazza grande, da ragazza appena laureata con il massimo di voti. Andavo a trovare un'amica che aveva avuto il coraggio di viaggiare da sola molto prima e senza biglietto di ritorno. Viaggiai di notte ed ebbi la fortuna di un vagone solitario che mi permise di distendermi per riposare un po'. Dal finestrino passavo dal mare ai monti, dal verde alla neve, dalla luce al buio. I compagni di viaggio cambiarono presto modo di parlare. Seguirono giorni strani: visite in solitaria seguendo le indicazioni dell'amica occupata nel suo lavoro quotidiano; candele accese ovunque in quell'appartamento che condivideva con altre giovani studenti. Patate cotte in forno con la buccia...metropolitane e mercatini, manicomi e musei. In quel tempo il mio cuore era appesantito dal passato, curioso del presente e fiducioso nel futuro. Sarebbe presto cambiato tutto: il futuro avrebbe lasciato alle spalle il passato e avrebbe cambiato ogni giorno presente. Viaggio durato 10 giorni. Ricordo incancellabile.
Sarah
Oggetti
Oggetti
La valigetta dei colori a tempera di mio padre. Insieme i pennelli, la tavolozza e i piattini di ceramica dove sciogliere i colori. Le tempere erano seccate ma tutto il resto avrebbe ripreso vita. C'è stato un momento in cui mio padre mi passò la sua eredità, ne ero degna, ne ero pronta, per età e sensibilità di cuore. Quella valigetta era conservata nella soffitta della nonna, quella in cima alla scala, quella che dietro una vecchia porta in legno si apriva nella penombra che odorava di umido e apriva lo sguardo a scatole accatastate su antichi cassettoni di famiglia e oggetti sparti un po' ovunque. Anche la valigetta in legno viveva lì. La presi tra le mani, ne odorai l'essenza, ne studiai le venature. E non mi sentii mai abbastanza degna di un tale regalo. Più prezioso di qualsiasi altro tesoro.
Sarah
Moneta Europea
Moneta Europea
Penso che l'avvento dell'euro abbia in qualche modo avvicinato popoli e persone. Dietro a questo tipo di grandi scelte ci sono sempre lunghe trattative politiche e non pochi interessi, economici e ancor più ampi. A me piace pensare in piccolo. E allora penso che sarà più facile comprendere il valore d'un prodotto, far circolare moneta all'interno dell'Europa, avvicinare menti e chissà, utopicamente, cuori e persone. Penso ai turisti che non dovranno più girare con calcolatrici che convertono la moneta in mano o agli uffici di cambio a cui ci si rivolgeva anche per distanze minori. Ricordo bene il momento di passaggio e il mio recarmi in banca, a Roma, per ritirare il sacchetto con le prime monete. Eppure, ancora oggi, mi emoziono a leggere LIRE sui vecchi libri o sugli oggetti di poco più di venti anni fa...
Sarah
Libro
Libro
Chiedermi ora di pensare all'immagine di un libro e descrivere qui quello a cui sono più legata mi porta inevitabilmente a pensare al mio libro, quello che non avrei mai immaginato di scrivere, quello che adesso è il mio più grande orgoglio. "E adesso dove andiamo, babbo?". Nasce dalla necessità di dare forma al tumulto dei pensieri che mi si sono accavallati, come le onde che si infrangono sugli scogli, nella mente e nel cuore, dopo la morte improvvisa di mio padre. Ne è nata un'autobiografia che ha reso immortali i ricordi della mia meravigliosa infanzia. E mi sono scoperta "scrittrice", dando vita al mio secondo libro, tesoro prezioso che chiedeva con forza di essere condiviso "Via Portoferraio 9". Grazie a chi mi ha permesso di arrivare fino qui.
Sarah
Fermata
Fermata
Stop, stop per tutti. Stop ai bambini e stop agli anziani. Stop per i poveri e stop per i ricchi. Per cattolici o mussulmani. Per ebrei e induisti, buddisti o atei. Stop ai lavoratori e stop ai disoccupati, stop agli alunni e agli insegnanti. Stop in tutto il mondo. Ma i cuori hanno continuato a battere. Le menti a pensare. I sogni a voler galoppare. Le stagioni si sono rincorse, il sole è sorto e tramontato, la pioggia è scesa ed è rimasta imprigionata dalle nubi. Anche gli animali hanno capito che qualcosa stava cambiando. Lui, il virus non si è mai fermato. Noi abbiamo imparato a conoscerlo ed abbiamo ricominciato a muoverci.
Sarah
Giardino
Giardino
Penso al mio giardino, quello della mia prima casa. Ci ho vissuto fino a nove anni e non ricordo di averlo mai annaffiato. Diversamente a Castiglioncello, nel giardino della Villa San Giorgio, la villa di famiglia, quella divisa a metà, perché il resto non è per noi. Anche il giardino è diviso a metà ma per me è sempre stato immensamente intero. Negli anni è cambiato; una siepe o un'aiuola in più o in meno lo hanno trasformato. Al centro un grande pozzo, a cui solo i grandi potevano avvicinarsi. Avevo il terrore della porcina verde, del fondo che precipitava giù, dove c'è l'acqua insieme al buio e dove temevo di cadere. Però la sistola in mano ero autorizzata a tenerla, fin da piccolina. Ho annaffiato gerani e calle, rosmarino e salvia; gelsomini e violacciocche, margherite e ciclamini. E ancora l'alloro, il bosso e i pirofori. E infine il nespolo, il nostro grande nespolo la bigamia dai fiori arancio, quella che continua ad arrampicarsi intorno al pozzo. E dopo quarantasette anni, amo ancora tornare ad annaffiare quel giardino, anche se i fiori non ci sono più. La terra e il rosmarino, bagnati dall'acqua, donano ancora gli stessi profumi e fanno riaffiorare i ricordi d'infanzia.
Sarah
Porta
Porta
Le porte. Niente di più bello. Soprattutto quelle in legno, basse, incise e scolpite dagli anni. Le porte che hanno visto generazioni intere trapassarle, le porte bagnate dalla pioggia o ghiacciate dalla neve. Quelle stesse porte riarse dal caldo dell'estate, dai colpi di scarponi o talvolta di cannoni. Se avessimo gli occhi delle porte, quelle dei paesini di montagna o di campagna, quelle dei porticcioli o dei villaggi di pescatori. Le porte delle stalle o dei magazzini, delle cantine e delle soffitte. Quelle che ancora collezionano pennellate del colore che fu, ora verde, ora rosso, ora blu. Adoro le porte, custodi di interni e di esterni, passaggio di cuori e di sogni. Vorrei essere porta, socchiusa perchè si possano dare la mano caldo e freddo si possano, luce e buio, paura e speranza.
Sarah
Sogni
Sogni
Ho un dono, che ben riconosco e di cui ringrazio, quello di sognare molto, di sognare spesso, di custodirne il ricordo. Talvolta però so di non aver solo sognato ma accolto presagi, messaggi, inviti, sorrisi e parole. Incontri di persone che non ci sono più. Ho iniziato con il sognare mio nonno, poco più che ragazzina, capace di farsi riconoscere solo da me, tra la folla che ci stava intorno. E solo lui vedeva le mie lacrime, sentiva le mie domande, e percepiva i miei abbracci. Un mondo parallelo, il mio e il suo, in quei pochi minuti del nostro incontrarci. Un giorno lo vidi triste, stanco e mi disse che anche di là "la strada è ancora lunga". Ho incontrato mia suocera, che mi ha indicato il giorno del mio matrimonio; ho incontrato mio padre e sono pronta ad esserci per chi voglia donarmi il suo messaggio.
Sarah
Passatempi
Passatempi
Non c'è niente di più bello che passare il proprio tempo, quello libero, a scrivere. Ho collezionato pagine di diario, quaderni, agende...adesso file e cartelle sul pc. Perchè scrivere non è solo scrivere ma un mondo intero in cui vivere.
Sarah
Ninnananna
Ninnananna
Ninna nanna: mm mm mm mm mm mmmmm mm mm mm mm mm mm mmmmmmmmmmm. Era Chopin, uno dei suoi notturni, una musica che racchiude parole, carezze, sguardi, sorrisi e respiri. I miei sul volto del mio bambino.
Sarah
Cambiamenti
Cambiamenti
Sono diventata farfalla quando ho fatto esperienza dell'amore di Dio. Non è accaduto durante gli anni del catechismo e nemmeno in occasione dei sacramenti della Prima Comunione o della Cresima. E' accaduto quando ho sperimentato sulla vita di tanti fratelli il passare dalla morte alla vita, quando ho visto con i miei occhi il miracolo della resurrezione. Perchè non c'è errore che non possa essere perdonato, non c'è strada che non possa essere raddrizzata, non c'è persona che non meriti di amare e di essere amata. Nemmeno la peggiore. E se per l'uomo può sembrare impossibile, se nessuno può pretendere questo da chi ha ferito, questo non vale per Dio.
Sarah
Salute in Europa
Salute in Europa
Sono stata in ospedale quando la mia emoglobina aveva deciso di scendere sotto i livelli di tollerabilità e quando il mio ferro sembrava voler rinunciare a rigenerarsi. Sono andata in ospedale quando i crampi alla pancia iniziavano a creare situazioni imbarazzanti, sdraiata sui marciapiedi della città. Anche se mi bastavano pochi secondi per poi sentirmi di nuovo meglio. Sono andata in ospedale da sola, perchè con il cuore abbandonato: dal sorriso del mio babbo con il quale avevo pochi giorni prima litigato e dall'amore di un ragazzo che pensavo potesse essere indelebile e che invece andava sbiadendosi giorno per giorno. Il mio corpo deve nuova vita al cortisone, il cuore al ritrovato abbraccio di mio padre.
Sarah
Sensi
Sensi
La mia memoria è continuamente tartassata dai ricordi! Talvolta temo di vivere ogni giorno per accumularne di nuovi a cui attingere quando il presente lascerà spazio al futuro e indosserà gli abiti del passato. Suoni, profumi, sapori... Allora provo a scrivere il primo senso che mi riporta indietro nel tempo: - il suono delle sartie mosse dal vento, mi riporta alla barca a vela di mio padre, ove ho vissuto per 44 anni - il profumo della terra bagnata mi riporta all'infanzia nel mio giardino - il sapore del ragù ai pranzi di natale nella casa di mia nonna - la carezza del vento, a tutte le volte che ho trovato consolazione in riva al mare
Sarah
Paura
Paura
Come ogni bambino, ho accumulato paure nel mio piccolo cuore e nella mia piccola mente. Avevo paura del buio, paura dei rapimenti, paura del maremoto. Ma se devo ricordare un episodio particolare ricordo un giorno in cui mi svegliai da uno dei miei soliti sonnellini in macchina e mi ritrovai sola, chiusa nell'auto, in mezzo alla campagna senza traccia di mamma e babbo guardando dal finestrino. Una paura durata poco secondi. Avevano accostato l'auto in una piazzola di una via di montagna perchè mia mamma, che non era solita dormire come me, aveva mal d'auto. Erano a pochi metri da me...ma quella sensazione di abbandono ancora la ricordo.
Sarah
Mentore
Mentore
Una persona a cui devo tanto, se non tutto, nella mia vita è Chiara, Chiara Amicante, fondatrice della Comunità Nuovi Orizzonti, adesso conosciuta da molti, un giorno sicuramente nel percorso per la santificazione. Una donna che ha salvato la vita di molti giovani, che ha lasciato tutto per donare totalmente la sua vita, intelligenza e cuore per il bene dell'Altro. Ed io, che da lei ho ricevuto abbracci, sorrisi, parole e tutto l'Amore che dona nuova vita, non posso che riconoscere in lei uno spartiacque della mia esistenza.
Sarah
Labirinto
Labirinto
In un labirinto vero e proprio non sono mai stata... in un intreccio di emozioni interiori invece sì. E' stata una storia di Amore, a cui mi piace dare la A maiuscola, perchè sono certa che ogni giorno di quel tempo fa parte di una trama finissima e misteriosa che mi ha condotto fino a qui e mi ha fatto comprendere quanto sia importante saper avanzare anche quando la via d'uscita sembra non esserci. Fremiti di gioia e tremiti di paura, risate e pianti, sogni e delusioni. In fondo quando si è in un labirinto e si alzano gli occhi al cielo non si può che vedere un azzurro sconfinato ove non esistono barriere. Ed è lì la nostra forza.
Sarah
Artista
Artista
Leggo la carta al mio fianco: immagine di una persona che dipinge un quadro. Quale tra le varie arti ti piace di più... La passione della pittura trova certo linfa nel rapporto con mio padre al quale mi legavano colori, sfumature, pennellate che parlavano più di mille parole. Una sola cosa mi è mancata: vederlo dipingere di più, lui da solo, con lo sguardo tra i colori che si mischiano, nel silenzio che si fa chiasso nella mente e nel cuore. Mi ha trasmesso la sua passione, mi ha insegnato a lasciar parlare l'emozione, mi è stato a fianco. Ma avrei voluto vederlo dipingere senza di me. Avrei voluto essere trasparente, restando accanto a lui.
Sarah
Paesaggi
Paesaggi
Sulla neve sono stata davvero poche volte: la barca a vela aveva sempre la precedenza anche nei fine settimana invernali. Da bambina sono andata una volta e ricordo di aver fatto pupazzi di neve e di aver gustato il succo dell'arancia lasciata raffreddare sotto la neve da mio padre. Da ragazza sono andata con il mio fidanzato di allora. Lui mi ha insegnato a mettere gli sci ma la mia unica discesa è stata in direzione di una parcheggio: dovevo scegliere se atterrare sul tettino delle auto o lasciarmi cadere giù. Ho preferito i lividi di questa seconda opzione. ...Devo tornare sulla neve...da moglie e da mamma...
Sarah
Fiaba
Fiaba
C'era una volta Cappuccetto rosso, una bambina che indossava una mantellina con il cappuccio di colore ...rosso. Un giorno la mamma le disse: "Cappuccetto rosso, vai a trovare la nonna, al di là del bosco e portale questo cestino con del pane e dei biscotti caldi. Ma fai attenzione...." La sento ancora la voce della mia mamma, poi della mia nonna, poi la mia voce di mamma...e immagino la mia voce di nonna... Questa favola per me è la Mamma di tutte le altre favole.
Sarah
Legami
Legami
Se penso a una catena e mi si chiede di pensare a una persona.... non mi viene a mente un legame importante, bello, indissolubile, forte... Ce ne sono di sicuro, di unici e preziosi. Ma il pensiero di una catena e di una persona mi riporta a quel legame della vita che ha incatenato la gioventù mia e di chi con me ha vissuto la dipendenza della nostra relazione. Un legame che non ci dava gioia ma dal quale non riuscivamo a liberarci. C'è voluto tanto Amore per tornare ad essere liberi.
Sarah
Traguardo
Traguardo
Mi sento bene ogni volta che scrivo. Ed è stato bello giocare a carte...scoperte. Perchè quando carta e penna ti fanno compagnia...e oggi dobbiamo dire anche la tastiera e un monitor di pc... non è possibile nascondersi. Se poi quello che scrivi sarà letto da altri, il pozzo del tuo essere non sarà altro che il pozzo dell'essere di chi legge. Perchè in fondo tutti abbiamo le stesse ricchezze e le stesse povertà. Grazie!
Elena888
Nome
Nome
Tra i bisbigli di una strada affollata distinguo nitido un suono: ”Elena!”. Istintivamente mi volto, perché questo è il mio nome. E’ come il cartellino apposto sul prodotto del supermercato che lo spiega, così esso mi identifica rispetto a me stessa e agli altri. Mi è stato raccontato che tutta la famiglia aveva scelto di chiamarmi Fernanda, ma mio padre, quando era andato a registrarmi all’Anagrafe, aveva autonomamente deciso di chiamarmi Elena. Mio padre, nato a Firenze da genitori che erano sempre in viaggio perché mio nonno era benestante ed impegnato politicamente, era così stato allevato dalle tre sorelle di mia nonna in un piccolo paese delle colline del Chianti. La zia che aveva amato di più era Elena, questo ha condizionato la sua scelta. Mio padre, questo sconosciuto è morto quando avevo un anno. Di lui nessun ricordo. Il senso di abbandono ha tormentato la mia infanzia ed ancor di più l’adolescenza, dentro di me c’era la rabbia di non capire il perché di quell’abbandono, cosa potevo aver fatto in quel primo anno, se non essere nata, per meritarmi quella mancanza così profonda? Provavo invidia per un compagno di classe che era stato abbandonato dal padre, perché lui aveva la speranza di incontrarlo un giorno, ma per me non c’era nessuna speranza, una sentenza! Nel silenzio delle notti piangevo e gli parlavo, lo accusavo di essere insensibile, aveva lasciato quadri, tra cui uno in cui aveva dipinto mia madre bellissima e piccole statue modellate, perché era un artista, ma non aveva pensato nei lunghi mesi della malattia, che si aggravava, di lasciare per me almeno due righe scritte per dirmi almeno una volta che mi voleva bene. Nessun ricordo, nessuna carezza. Poi qualche anno fa, parlavamo in un gruppo del proprio nome, io ho detto: “Mio padre non mi ha lasciato niente, da lui ho avuto solo il nome con cui tanti mi hanno chiamato, ma non l’ho mai sentito pronunciare da lui”. Qualcuno ha detto: “E ti sembra niente?”. Così ho riflettuto: Mi ha lasciato il suono della mia identità, ho scoperto così un legame che mi ha seguito e seguirà per tutta la vita.
Elena888
Il mio primo ricordo
Il mio primo ricordo
Dell’infanzia ricordo un grosso orcio di terracotta. Abitavo in un antico stabile del centro città, diroccato per la guerra. Tra i coinquilini c’era un rapporto di grande convivialità, così era tanti anni fa, non come adesso che gli abitanti dello stesso palazzo si incontrano fuggevolmente e non si conoscono. Ogni anno la sera del 6 gennaio qualcuno batteva sull’orcio, che era nell’androne delle scale, il suono più volte ripetuto si diffondeva dal primo al quinto piano ed era il segnale per tutti i bambini che era giunta l’ora di andare a letto, perché stava per arrivare la Befana, che non voleva essere vista. Era bello fingere di dormire sotto le lenzuola, nell’attesa della Befana, aspettando la mattina in cui avremmo trovato dei giochi. Era proprio una festa, perché allora ricevere doni era un evento raro.
Elena888
Autoritratto
Autoritratto
Spesso mi guardo attraverso gli occhi degli altri, se mi sorridono mi immagino di essere piacevole, se sono gli occhi indagatori di chi vuole conoscermi, prima di esprimermi cerco in me stessa per dare di me un’immagine vera e sincera, ma qual è? Non mi sento aggressiva ma nemmeno sempre disponibile e allora? Ci sono persone a cui piaccio ed allora mi sento bella, altre a cui non piaccio ed allora mi chiudo nel mio piccolo guscio sulla difensiva. Se penso a me stessa in momenti giocosi mi ritrovo bambina, in momenti di spensieratezza in compagnia sono veramente una ragazzina, nei momenti di ansia sono una mamma ed una nonna trepidante ed anche spaventata ma comunque desiderosa di proteggere, nei momenti di tristezza sono una vecchia sola. Sono tutte queste cose ed allora, per fermare oggettivamente il momento, mi guardo allo specchio. Identifico l’alone della mia chioma, dei fili bianchi tra i capelli tinti raccontano il tempo che è passato, ma anche la mia voglia di piacermi forse più che non piacere agli altri. Scendo agli occhi dove non riesco a fermare i lampi di vivacità e di tristezza che si susseguono. Poi il volto che non è proprio quello che riesco ad immaginare ad occhi chiusi, perché ha dei segni che negli anni impercettibilmente l’hanno sempre più segnato. Le labbra non sono più turgide e ben delineate. Questa sono oggi: ancora dei tratti della bambina, della ragazza, della donna e della vecchia che ero, che sono stata, tutti mischiati. Questo è il mio ritratto.
Elena888
Famiglia
Famiglia
“Famiglia” è per me la carta più difficile da affrontare, non mi mette a mio agio guardarla, mentre richiama in me messaggi in parte oscuri e talvolta dolorosi. Nella mia vita ci sono tre famiglie, non dico “ci sono state” perché tutte ancora coesistono a livello emozionale, di maturazione, di luci ed ombre che travalicano lo stato inconscio per essere sempre vive nella mia memoria e nelle mie azioni quotidiane. L’immagine di due adulti con un bambino al centro non mi è particolarmente gradita e mi trasporta subito alla mia infanzia, che è stata diversamente strutturata. Nella mia prima infanzia sono presenti solo immagini femminili spesso in lotta tra loro per motivi di interesse e frustrazioni, incomprensioni, talvolta calore, mancanze profonde e dolorose, che si mischiano a lampi di gioia che nascevano dai sogni ad occhi aperti o da piccole cose, poi ancora aggressività in cui spesso assumevo il ruolo di parafulmine. In fondo la famiglia non è che una piccola società che garantisce la sopravvivenza finché non si è autonomi, è una società gerarchica, in essa la democrazia non è un valore e deve essere così perché a gestire è chi ha maggior esperienza di vita e dovrebbe insegnare quello che spesso non ha mai imparato, così chi dovrebbe avere fiducia talvolta si sente tradito e confuso, per cui si sviluppano, specie nell’adolescenza, reazioni di rabbia e ribellione. Poi c’è la famiglia che si costruisce: un coniuge, dei figli. Si vorrebbe che fosse giusta, rispettosa delle personalità altrui e della propria, in essa si vorrebbe sanare tutto quanto aveva fatto soffrire nella propria infanzia, ma che continua ancora a condizionarci. Forse si cerca una perfezione che non può essere reale. Sì, perché la famiglia è come l’amore. Come l’amore ideale sogniamo una famiglia perfetta, stabile ed eterna, ma non abbiamo la capacità di realizzarla. Spesso, per difendere il proprio diritto a vivere nel rispetto di se stessi, procuriamo ai figli gli stessi dolori che avevamo provato e che non avremmo mai voluto per loro. Spesso manchiamo nel dare loro fiducia e rispetto, perché non l’abbiamo avuto noi e non l’abbiamo nemmeno per noi stessi. Non pensiamo mai che nulla è stabile, tutto passa e lascia dei frutti. Ed ecco la mia famiglia di ora. Vivo delle angosce e delle gioie dei figli e nipoti, ancora provo ansia per loro, li amo tanto e vorrei spesso dare loro la protezione che nasce da una esperienza profondamente vissuta e pagata a caro prezzo, ma mi rendo conto che è pura presunzione e che posso scivolare nell’ingerenza. La mia vita di donna è ora numerosa, devo limitarmi ad osservarne i membri, vivere con loro momenti di gioia e soddisfazione, restando in una rispettosa lontananza. La famiglia con cui ora vivo le mie esperienze personali è composta dagli amici, con loro condivido momenti di difficoltà, divertimento e gioia, interessi vari e culturali, perché li ho scelti fra tanti.
Elena888
Insegnante
Insegnante
Avevo circa 30 anni, quando come facevo spesso, ho portato le mie figlie ad assistere ad uno spettacolo, questa volta la Butterfly, mi sembrava che, essendo un’opera ricca di colori e costumi esotici, fosse adatta alla loro giovanissima età. Volevo abituarle ad ascoltare una buona musica, anche se poi da adulte non credo che abbiano mai scelto la lirica, ma piuttosto concerti di musica pop e rock, che devo dire piacciono anche a me. Lo spettacolo si svolgeva in serale in una grande villa pubblica, le cime degli alberi mossi dal vento danzavano al ritmo dell’orchestra, rivolti verso un cielo brillante di stelle. Nell’intervallo ho incontrato la mia maestra delle elementari, mi è sembrato strano che lei mi riconoscesse subito perché erano passati tanti anni da quando ci eravamo perse, non mi era sembrata cambiata perché nel mio ricordo di bambina era già una persona adulta. Mi ha detto avvicinandosi: ”Tu sei sempre stata una bella sorpresa per me. Mi hai dato tante soddisfazioni a scuola. E dire che quando formavano le classi della prima, io non ti volevo, perché pensavo che un’orfana sarebbe stata un problema in più in una classe di un ambiente popolare.” Questo discorso non mi è sembrato strano, perché chissà come avevo sempre sentito di non piacerle veramente, ma le ho sorriso come sempre. Tornata a casa molti ricordi hanno iniziato a vorticare nella mia mente, quando ad esempio le portavo i quaderni con la copertina nera, la carta giallognola ed il bordo rosso lei storceva la bocca, sorrideva solo davanti alle pagine candide dei quaderni con copertine colorate, anche se c’erano degli errori. Ma io non avevo mai chiesto a mia madre di comprarmi quaderni più cari, sapevo che non potevamo spendere più soldi. Ho ricordato anche tutti quei 19 marzo quando per la festa del papà faceva scrivere letterine, a me no, e faceva leggere dei brani affettuosi che parlavano del babbo. Mi diceva: “Tu, se vuoi, non leggere.” Io invece accettavo di leggere perché ero piccolina ma orgogliosa, volevo mostrarmi forte ed indifferente, così mostravo un’apparente serenità, mentre il cuore faceva male. Mi chiedo come potesse non capire i miei sentimenti, essere così insensibile. Per fortuna ho poi negli anni conosciuto insegnanti empatici, che mi hanno dato tanto e mi hanno aiutato a coltivare le mie passioni.
Elena888
Progetto
Progetto
Da quando ho memoria ricordo che mi impegnavo con piacere non in un progetto, ma in un esperimento: mi piaceva mischiare vari elementi come acqua, aceto, sale, zucchero, farina, sapone e poi il bicarbonato che faceva crescere il miscuglio e poi esplodere in tante bollicine borbottanti. Era un gioco proibito, perché anche se facevo attenzione rischiavo di sporcare il tavolo. Ricordo una sera, ero a casa della nonna che non abitava con me, la stanza enorme del palazzo antico era in penombra, illuminata solo dalla luce flebile di poche candele, che danzava creando chiarori ed ombre, gli adulti erano impegnati a discutere, non ascoltavo le loro parole perché non ero interessata. Nessuno faceva caso a me, mi avrebbero permesso qualsiasi cosa purché non li disturbassi. Così mi sono sentita libera di dedicarmi al mio esperimento preferito. Il risultato a cui tendevo era più fantastico che fisico, potevo usare qualsiasi elemento e gioire delle bollicine e dei cambiamenti di colore dell’intruglio. Chissà se gli antichi alchimisti alla ricerca della pietra filosofale provavano la mia stessa sensazione.
Elena888
Gioia
Gioia
Gioia pura è quella che ho provato quando per la prima volta mi hanno messo tra le braccia mia figlia dopo il parto. Quell’esserino urlante, raggrinzito, rossastro, sconosciuto ma già prepotente. Ho potuto calmarla attaccandola al seno. Era tutto così naturale, ancora non la conoscevo ma la natura mi aveva dotato di ciò che le serviva. A questa sconosciuta ero disposta a dare tutto, anche la mia vita. Un dono che non mi sembrava di meritare ma che valeva più di qualsiasi ricchezza. La stessa gioia l’ho provata per ogni nascita, anche quelle dei miei nipoti e non l’avrei mai immaginato. Dopo la gioia sono arrivate tante preoccupazioni, la vita mi ha guardato in faccia, mi ha caricato di responsabilità inevitabili. Questo è il prezzo da pagare, niente di quello che ti dà la vita è gratuito e forse anche per questo diventa così importante.
Elena888
Casa
Casa
Durante l’arco della mia vita ho abitato molte case, ad ogni sgombero ha coinciso un cambiamento importante, ma quella che ricordo meglio, anche se ci ho vissuto solo sei anni, è quella della prima infanzia. Lo stabile era altissimo, ai miei occhi di bambina, ed era per metà franato per le bombe. Era il 1951 quando sono nata e le strade erano ancora occupate dalle macerie della guerra. Abitavo all’ultimo piano, per giungervi bisognava affrontare cinque piani, una vera e propria scalata per le mie piccole gambe, ero abbastanza cicciona e nessuno mi poteva tenere in braccio, mio padre non c’era. Le scale erano alte, buie e tante, per fare luce mia nonna usava il “moccolo” costituito da uno spago attorcigliato ed inzuppato nella cera che bruciava lentamente. Quando una scala incontrava il pianerottolo sembrava che le ombre ci rincorressero. Ogni tanto facevamo qualche sosta per riposarci, ma io non ricordo stanchezza. Infine si arrivava al pesante portone di legno ed entravamo nel primo corridoio. Sulla sinistra c’era una cucina dove non si poteva entrare perché era pericolante. Nel corridoio c’erano enormi finestroni, i vetri erano stati sbriciolati dai bombardamenti ed erano stati sostituiti dai cosiddetti “vetri americani”, che consistevano in una rete di ferro finissima che faceva passare tanta luce ma anche tutte le intemperie. In inverno c’era molto freddo immagino, anche se io non ne ho ricordo, lo credo perché in casa dovevo indossare dei piccoli guanti di lana con le dita tagliate. Girando verso destra c’era una stanza enorme dove si trovava una grande conca che serviva per lavare i panni e dei cumuli di carbone con cui mia nonna ogni giorno accendeva gli scaldini che trasmettevano calore a mani e piedi. Questo era l’unico sistema di riscaldamento disponibile. Oltre il corridoio c’erano le camere ed un salotto pieno di mobili antichi. In salotto, ogni sera, dopo aver spento le candele per risparmiare, stavamo sedute, mia mamma, nonna, zia ed io ascoltavamo una radio vecchio modello che illuminava un poco l’ambiente. Mia nonna metteva lo scaldino in una cassetta di legno su cui erano inchiodate delle strisce grezze, questa cassetta era chiamata “il prete”, appoggiavamo i piedi sulle strisce, coprivamo le gambe con una coperta e così si stava al caldo. Ricordo ancora che mi spaventava la musica che annunciava il radiogiornale, non conosco il motivo della mia paura, ipotizzo che forse qualche volta potrei avere ascoltato qualche notizia brutta. Più tardi andavamo al letto, che era caldo perché un po’ prima nonna aveva messo sotto le coperte il “trabiccolo”. Il trabiccolo era una specie di ombrellone fatto di legno con al posto del manico un gancio a cui veniva infilato il manico dello scaldino. Prima di dormire doveva essere tolto il trabiccolo dal letto, perché mantenerlo nella notte sarebbe stato pericoloso. Sopra al nostro appartamento c’era una grande terrazza panoramica, da lì a ferragosto si vedevano i fuochi d’artificio. Talvolta mi ritrovo a passeggiare con la mente per quelle grandi stanze, in cui si mischia il ricordo dell’attesa dei giochi che portava la Befana, alle risate, alla paura delle ombre. Quel grande palazzo non esiste più, era così carico di storie, emozioni, memorie, gioie e dolori di tante persone, tutto cancellato quando, a seguito del progetto di ricostruzione della città, è stato abbattuto. Al suo posto ora c’è un anonimo caseggiato, non più nuovo perché risale agli anni 60 del 900.
Elena888
Viaggiare in Europa
Viaggiare in Europa
Ho viaggiato forse più in Asia ed Africa, ad esempio in India e Marocco, che non in Europa. Ho comunque dei bei ricordi di Svizzera, Inghilterra, Francia e Malta. Molti anni fa ho visitato tutto il Canton Ticino, perché a Bellinzona abitavano dei parenti. Della Svizzera non posso dimenticare la bellezza degli sconfinati paesaggi, così verdi da sembrare dipinti dai pennarelli dei bambini, ed i tanti ruscelli che scendono dalle cime delle Alpi, al confine con l’Italia. Era estate, è stato difficile raggiungere quelle altezze su viottoli ripidi e insicuri, attraversare i piccoli ruscelli che formavano nel loro percorso delle vaschette di acqua fredda in cui ci immergevamo rabbrividendo. Ed in alto, da dove si intravede il territorio italiano, l’infinito silenzio era rotto dal suono continuo delle campanelle appese al collo di centinaia di bovini, che pascolavano liberi in spazi immensi, era il periodo della transumanza. Si incontravano ogni tanto delle piccole baite in cui alloggiano i pastori che, forse abituati a lunghi periodi di silenzio preferiscono la solitudine. Ma una volta abbiamo cercato di entrare in una piccola costruzione, dall’ingresso abbiamo visto che era formata da una sola stanza, il pastore non ci ha fatti entrare, ma ci ha offerto, in una tazza di legno, il latte appena munto e la cioccolata. Ne ricordo sempre il profumo ed il buon sapore, abbiamo ringraziato e ci siamo allontanati, lui non ha parlato ma ha sorriso. Nel lungo percorso fino a valle abbiamo incontrato solo delle donne anziane, che camminavano veloci con dei grandi cesti pieni di rami sopra la testa. Dell’Inghilterra ho visitato solo Londra, della quale ho molto apprezzato il contrasto tra l’antichità e la modernità specie nell’architettura. Palazzi, chiese e monumenti ci parlano di una storia che ancora vive negli animi degli inglesi, il moderno e la tradizione convivono. I quartieri londinesi sono tutti uno spettacolo, ben raggiungibili con l’ottimo servizio della metropolitana. Come non parlare dei tanti e stupendi musei. Ho visto tantissimi emigrati da più parti del mondo, ho incontrato anche molti italiani, ma tutti occupati, non c’era nessun lavavetri. Nelle grandi piazze ricevevano monetine solo gli artisti, che disegnavano, scrivevano poesie sul selciato, alcuni con abiti clowneschi interpretavano scene per i passanti. Mi chiedo se questa situazione positiva abbia superato la brexit. Della Francia ho particolarmente apprezzato la zona meridionale ricca di verde e di castelli medioevali. Tre anni fa sono andata a Malta, era da tanto che desideravo fare questo viaggio, ma sono rimasta delusa. Pensavo di trovare un ambiente tranquillo ed incontaminato, invece l’industria del turismo ha avuto un grande sviluppo. Grandi alberghi, servizio ineccepibile, un’organizzazione perfetta che rende facile per il turista visitare le bellezze naturali, un grande acquario immerso, facilità nel raggiungere le vicine isole, visite guidate sui pulman che danno approfondite notizie storiche dei luoghi che si attraversano. L’eredità del predominio inglese e arabo si trova nei nomi delle strade e nei monumenti. Belli i musei, compresi quelli archeologici dove a cielo aperto ripercorriamo la storia di millenni. Tutto splendido, ma a me è mancata solo la tranquillità e la pace che pensavo di potervi trovare. Il paese europeo che vorrei visitare è l’Irlanda. Di quel paese, un po’ estraniata dalla Gran Bretagna, ho letto delle tristi lotte per l’autonomia culminate in azioni violente, delle vecchie tradizioni forse conservate dall’isolamento. Ho letto le favole della tradizione nordica, ricca di fate e gnomi, di una natura umanizzata e mi fanno sognare. Vorrei anche vedere le sue coste ripide e impervie che accolgono la furia delle acque dell’oceano. Chissà se potrò mai godermi questo paesaggio.
Elena888
Poesia
Poesia
IL VOLO DELL’AQUILA Mani attente le spostavano dal volto i capelli arruffati dal vento, il tempo è passato e lacrime inondano gli occhi. E’ calata l’ indifferenza e tristezza e solitudine. Un lampo è la speranza di una nuova vita, non permessa, criticata e condannata. Tocco due date incise sulla pietra bianca, giustizia è fatta e a nessuno manca. Io no. Le mie ceneri vorrò sparse al vento, e se rinascere potrò, un’aquila sarò con ali dispiegate, penne accarezzate dal fortunale, su terre e mari volerò. Occhi acuti e un cuore piccolo che non si farà ferire, su città grigie di smog, su ville con piscine ed ai margini tra la spazzatura un clochard che tende la mano sporca. Barconi rovesciati su un mare infinito, mascherine che nascondono volti impauriti, altre maschere indossate da sempre a celare tristezza e sentimenti che temono delusione, eterni scudi su cuori feriti. Dall’alto guarderò e forse capirò cos’è l’umanità. Elena
Elena888
Volti
Volti
Il primo volto che vedo, se chiudo gli occhi, è quello di mia madre, forse è il primo che ho visto quando abbandonando un universo acquatico sono caduta su un pianeta solido, ma non posso averne memoria. Il suo volto non è giovane come appare su alcune fotografie, ma nemmeno vecchio, perché mia madre quando è morta a 85 anni stranamente non aveva rughe. Lei appare spesso nei miei sogni, non ne è mai la protagonista ma solo una persona di compagnia. Il suo viso non è né triste né allegro, quasi indifferente, ha un’espressione critica verso tutti, quasi di superiorità. Non ho mai capito che cosa avessi in comune con lei, forse non l’ho mai veramente conosciuta, non me l’ha permesso. Il secondo volto è quello di mia nonna, è pieno di rughe profonde, segnate dalla lunga e difficile vita che ha vissuto. Sorride spesso con tenerezza, il suo motto è proteggere tutti, è sempre stata molto altruista e generosa. Un altro volto è quello di un’amica, che è mancata qualche anno fa. Ricordo ogni particolare di quel volto, così mi sembra di conoscere la sua anima. Era una persona, forse troppo buona e sensibile per sopravvivere a lungo tra l’umanità. Era nata con un difetto fisico, questo non l’aveva inasprita a causa del giudizio degli altri, ma anzi era sincera a disponibile verso tutti. Ha amato i suoi figli, è stata paziente con il marito, ma la sua estrema sensibilità l’ha resa fragile, per questo ha iniziato a bere. Io presa da mille questioni familiari e personali non ho saputo aiutarla. Credo che questo sia l’unico rimpianto della mia vita. Poco tempo prima di morire mi ha detto: ”Tu sei la mia sola amica”, so che se fosse qui mi direbbe che il nostro rapporto ci ha dato tanto. E’ stata una fortuna conoscerla.
Elena888
Ponte
Ponte
Per me un ponte è la scrittura che mi permette una scorciatoia tra il quotidiano e la voce delle mie sensazioni ed emozioni. Sono sempre stata curiosa e non ho mai ceduto alla tentazione di prendere scorciatoie nelle situazioni della vita, ho sempre voluto viverle e conoscerle profondamente, mi sono spesso voluta misurare con le onde della vita, ho scelto di lottare tra le rapide e a nuotare contro corrente. Poi ogni volta mi sono trovata al di là di un ponte, voltandomi verso l’inizio del cammino ho visto una me stessa diversa, ho scoperto di essere stata inconsapevolmente cambiata dal tempo che è scorso veloce, senza che me ne accorgessi. Ora, attraversato il ponte della terza età, guardo tante vecchie pene ed obiettivi mancati, che mi avevano amareggiato, e che sono diventati inconsistenti e sorrido.
Elena888
Incontri
Incontri
Siamo nel primo decennio del ‘900, una nave ha salpato dal porto di Livorno, ne resta la memoria sui registri della Camera di Commercio. Affronta su acque agitate dal libeccio l’inizio di un lungo ed incerto viaggio per “le Americhe”. Nella pancia più infima trasporta poveri migranti, che cercano un futuro carico di illusorie speranze. Tra questi è partito, dopo un improvvisato matrimonio con la giovane Ada, Manlio Tolomei che, dopo aver venduto il titolo e gli scarsi beni ereditati a seguito della rovina economica della propria famiglia dopo la morte nel 1906 del padre Eugenio, ha comprato i due biglietti della speranza. In un’Italia sommersa dalla crisi economica e dalla mancanza di opportunità lavorative, a cui si crederà di trovare soluzioni con conquiste coloniali e poi creando occupazione per i giovani da impegnare nella futura Grande Guerra, unica soluzione è l’emigrazione. Questo deve aver pensato Manlio ed il futuro gli avrebbe dato ragione, quando il ritorno dei reduci aggraverà i problemi socio economici e l’unico vantaggio sarà l’ulteriore arricchimento di chi ha investito nell’industria bellica. Livorno, che nei secoli precedenti aveva accolto comunità di inglesi, olandesi- alemanni, greci ed ebrei che qui avevano visto fiorire i loro traffici commerciali arricchendosi e trovando una tranquilla convivenza, adesso abbandona ad un incerto destino molti suoi abitanti. Una ricerca genealogica, effettuata tramite internet in America, rivela dai documenti di viaggio che Manlio Tolomei, talvolta storpiato in Mallio per la difficoltà della lingua, raggiunge con la moglie Ada Pittsburgh in Pennsylvania. Da quel paese lontano arriveranno a mia nonna Ada, sua sorella, molte foto di una famiglia numerosa e felice, che sembra ben inserita. E’ la fortuna promessa, ma non conosciamo il prezzo pagato. Ora la storia si ripete, arrivano barconi da popoli che soffrono degrado, miseria e guerre, alcuni inseguono semplicemente il loro sogno, molti travolti dalle onde del Mediterraneo non arriveranno, sono solo numeri e l’accoglienza è una complicazione in più ai notevoli problemi che già si vivono. Accettare culture, idee, pregiudizi ed abitudini diverse non è sempre semplice ed indolore. Forse un po’ di curiosità per ciò che porta l’altro, conoscere il nuovo bilanciandolo con le nostre tradizioni ed abitudini, conservando la propria identità ed il suo valore, non è solo uno sforzo di coraggio ma una necessità. Le nostre radici più antiche sono un’amalgama di storie umane che spesso ignoriamo, siamo noi. Il nostro quotidiano è l’incontro delle difficoltà del nuovo, che ancora non riusciamo a comprendere, con le difficoltà del passato che continuano a mostrarsi perché non abbiamo mai trovato soluzione.
Elena888
Animali
Animali
Risa e corse di bambini tra giochi sparsi sul pavimento, eco di suoni in ampie stanze. Nell’aria lattea un vortice impetuoso travolge suoni e immagini che si trasformano fuggendo, strappa in sequenza dal blocco dei calendari i foglietti. I numeri rossi di giorni, mesi ed anni vengono rapiti, trascinati in una danza sfrenata per poi svanire nel cuore oscuro dei ricordi. Estate 2020. Nel torpore di un caldo pomeriggio, sonnecchio sulla sdraio, all’ombra di un alberello di limone, mentre i rami dell’olivo, mossi da una leggera brezza, mandano un alito di piacevole frescura. L’aria è irrorata dal profumo dei cespugli di lavanda. Tutto intorno il silenzio, interrotto solo dal ronzio di un insetto attirato da fiori viola e dall’intermittente cinguettio di piccoli volatili, che tra i rami hanno fatto il loro nido. Poi a disturbare la quiete lo strillo di gabbiani, che sul muretto si contendono chissà quale preda. Lasciò il piccolo giardino per prendere un libro. L’ambiente in cui entro è una nicchia di penombra. Nel caos della libreria pesco un libro già iniziato. Mi siedo sul divano, tra cuscini colorati ed alla luce di una piccola lampada, rivestita di tela grezza su cui è disegnato un piccolo elefante verde e d’oro, provo a continuare la lettura di quel libro, ma mi distraggo. Lo sguardo sale lungo la parete di fronte fino ad una angoliera antica, ricordo di mia nonna, è una nota stonata ma accattivante nell’arredamento moderno della stanza. I riccioli intarsiati nel legno scuro lasciano intravedere, dalla posizione in cui mi trovo, vari oggettini, tra cui un barattolo sdraiato, contiene terra rossa. E’ la terra che ho portato dall’India qualche anno fa. Quando prima di partire l’ho raccolta, volevo conservare con il ricordo i colori ed i profumi di quel paese, che nel periodo mi ha arricchito. Alle spalle un fruscio, un passo felpato, in questa piccola casa viviamo in due. Per ore quasi dimentico la sua presenza, poi improvvisamente si accoccola accanto a me sul divano. Tra noi le parole non sono necessarie, ci capiamo alla perfezione. Rispettiamo reciprocamente i momenti in cui desideriamo il raccoglimento della solitudine, ma quando sono triste lo comprende e mi dà presenza e calore. Non è necessario chiedere per avere la sua attenzione e compagnia, i doni che ci scambiamo sono gratuiti. Talvolta con uno scatto improvviso parte alla caccia di una mosca, oppure si impegna a socchiudere la porta del bagno, si siede sul lavandino, io capisco il suo desiderio di acqua fresca ed apro il rubinetto. Poi si allontana sorniona, quasi scontrosa, con la coda ritta, ed è l’emblema dell’indipendenza e della libertà. La mia gatta non è mia, è di se stessa, spartisce molto con il mio essere.
Elena888
Giochi d’infanzia
Giochi d’infanzia
I giochi che facevo durante la mia infanzia con gli amici sono simili a quelli che fanno anche ora i bambini oggi: si giocava a palla, a rimpiattino, ad acchiapparsi quando eravamo all’aria aperta. Per la maggior parte del tempo però ricordo che giocavo da sola, con poche cose che diventavano infinite nella fantasia. Una seggiola rovesciata diventava un treno, una macchina oppure una meravigliosa carrozza secondo la fantasia del momento. Il mio gatto, che spazzolavo e coccolavo era il mio bambino. Alcune figurine infilate tra delle file di scatole diventavano i miei scolari quando ero una maestra, insegnavo, correggevo e rimproveravo. Nei piccoli pentolini di latta cucinavo pranzi e dolci golosi per i grandi. Curavo ed operavo bambole. La fantasia era l’elemento sostanziale di tutti i miei giochi, mi riempiva il tempo e trasformava l’ambiente e le situazioni come mi piaceva. Quando ero piccola non mi annoiavo mai, anche ora spesso i voli della fantasia sono un importante supporto alla mia vita.
Elena888
Musica
Musica
“Verba volant…”. Condivido questo concetto. I momenti più importanti si possono condividere solo nel silenzio. Nel silenzio, la vicinanza tra i corpi è coinvolgente. L’emozione non ha bisogno di parole, le parole che vorrebbero definirla la ingabbiano, la limitano, la snaturano. L’emozione può solo essere vissuta. Le emozioni trovano espressione fertile nella musica. La musica apre le porte, le emozioni possono arrivare dove è necessario, sono consolazione e sollievo per le mancanze e le ferite. Così l’anima guarisce. La musica dona le ali, fa volare in alto verso le stelle, attraversa le nuvole del dolore. Talvolta ci può anche calare dentro a un dolore, allora in esso ci accompagna, ci aiuta a non negarlo, attraverso le lacrime ci dà il coraggio di viverlo, per poi farci ritrovare più forti, più veri e scoprirci ancora vivi. La musica è ricca di colori, i colori dell’anima e ci consola quando nessuno riuscirebbe a farlo. Mi piace ascoltare la musica rock, perché trasmette libertà, la libertà di essere genuini, quindi se stessi, amo anche ascoltare brani Jazz di cui ottimo interprete era Moon Dog pseudonimo di Hardin, con stile minimalista, nato dalla musica in strada, esprime ogni volta qualcosa di irripetibile. Nel brano che ho ascoltato Il sax dà voce ad uccelli che vagano liberi nello spazio, in quello spazio si può venire trasportati e volare trascinati dalle nostre emozioni. Poi c’è il patrimonio che costituisce la musica classica, slegata da spazio e tempo, ogni momento in cui si desidera ascoltarla è quello giusto. Ricordo un periodo difficile della mia vita, quando nel Bosco dei Cappuccini, in una sera d’estate, il cielo stellato fu il palcoscenico in cui danzavano le cime di alberi secolari, sospinte da un forte libeccio, intanto si propagava sempre più in alto la musica di Wagner. Le note de “La Cavalcata delle Valchirie” avanzavano sempre più in alto, sempre più vorticose. L’impeto di quella cavalcata diventava forza per la mia anima.
Rosalba
Nome
Nome
E' stata sicuramente mia madre a scegliere il mio nome, me l'ha raccontato lei stessa. Dato che all'inizio degli anni '50 andava di moda un personaggio da fotoromanzo di nome Rosalba, lei si orientò su quel nome che, in realtà, a me non è mai piaciuto in modo particolare. Forse un po' troppo lezioso per i miei gusti. Anche mia madre, nel corso del tempo, ha detto più volte scherzosamente che avrebbe fatto meglio a chiamarmi "tramonto sul mar nero" visto il colore scuro degli occhi, dei capelli e anche della mia pelle, specie in estate. Forse visto anche il mio carattere ribelle e intollerante dei clichés femminili.
Rosalba
Il mio primo ricordo
Il mio primo ricordo
Sono su un piccolo ponte sopra la ferrovia di Antignano, una stazioncina a sud di Livorno che attualmente non è più funzionante. È estate, forse pomeriggio e io mi trovo tra mia zia e mia madre. Probabilmente mi tengono la manina e mi aiutano a camminare. Posso avere un anno e mezzo o poco più. Mi percepisco piccola e mingherlina, con i riccioli e un fiocco in testa. La sensazione più forte, oltre a quella di trovarmi al sicuro in mezzo a due donne che hanno cura di me, è soprattutto quella di ritagliarmi un mio attimo di solitudine. Lo dico con parole da adulta, Nel ricordo, che ha una consistenza quasi onirica, rivolgo lo sguardo in basso, sul mio vestitino bianco e leggero e mi dico:«Questa sono io.» È una sensazione esaltante, una scoperta fantastica. Sono proprio io, il mio corpicino sotto il vestito. Esisto, io uguale io, non posso dubitarne. Il mio istinto filosofico in erba si faceva sentire? Chi lo sa. Ma era qualcosa che riempiva tutto lo spazio, rendeva più densa l’aria del pomeriggio, mentre zampettavo sulle assi di legno, sospesa.
Rosalba
Autoritratto
Autoritratto
Sono decisamente magra, un tantino spigolosa, decisamente scura, con capelli corti e mossi, un tempo quasi crespi. Ho un sorriso aperto che in genere ispira fiducia così come anch'io tendo a fidarmi del mio prossimo, fino a prova contraria. Credo di non dimostrare i miei settantuno anni. Sono un po' scattosa e in fondo ho un'anima bambina. Vesto in modo semplice e sportivo e prediligo il giallo , il rosa e il bianco.
Rosalba
Progetto
Progetto
Avevo sei anni e il mio era una sorta di progetto di vita, o meglio, un vero e proprio patto con me stessa che poi ho, in parte, mantenuto. Non mi sposerò mai e non avrò mai figli, questo avevo deciso, in piedi sotto i portici del centro, mentre mio padre e mia madre guardavano forse una vetrina. In realtà mi sono sposata ma qui sarebbe troppo lungo spiegare il perchè del mio cambio di programma. ma sui figli sono stata coerente. Ho sempre amato i bambini ma ancor di più la mia libertà. Inoltre mi immaginavo di fare la scrittrice, come se fosse facile farlo di mestiere! Ma insomma, mi vedevo già davanti a una finestra luminosa, seduta alla mia scrivania, con fogli e foglietti e tante idee per la testa!
Rosalba
Gioia
Gioia
Uscivo da un periodo nero. Una separazione aggravata dal senso di abbandono, attacchi di panico e una bella bronco polmonite psicosomatica. Mi sentivo distrutta quando un gruppo di amici alternativi, in pieni anni '70, mi invitò a passare il Capodanno sull'appennino innevato. La casa era una specie di bicocca con sacchi della spazzatura al posto dei vetri. Ma rifiorìi. Scivolai con lo slittino sulle discese ghoacciate brillanti al sole come chicchi di zucchero. La neve frusciava. Al ritorno l'ex marito mi telefonò per propormi di dormire da lui per una notte di passione che chissà quanto avevo desiderato. Dissi sì controvoglia, un po' scocciata di dover lasciare il mio nido di single con tanto di gatto viziato e coccolone. Ero guarita, guarita davvero! Afferrai il gatto e ballai il valzer con lui tra le pareti ammuffite del mio piccolo rifugio, pronta a iniziare una nuova vita.
Rosalba
Casa
Casa
Specie nelle situazioni in cui riemergono immagini e emozioni situate in profondità, come durante la pratica yoga, affiora alla coscienza la casa della mia infanzia, soprattutto la luce elettrica nelle sere invernali, allora piuttosto fioca. Si avvicina l'ora di cena e io mi sento al sicuro; magari fuori piove o spira un forte vento di libeccio che increspa l'acqua dei canali e fa cigolare porte e finestre. So che ci sono i miei fratelli e mia madre mentre mio padre è ancora al lavoro. Corro sul pavimento di piastrelle grigie del corridoio oppure siedo nella minuscola cucina che affaccia su una chiostra interna. Mi piace immaginare le insegne e le luci del centro non lontano dal nostro quartiere, ora silenzioso ma che si animerà nella luce del mattino, riempiendosi di voci, tra botteghe aperte e bambini che corrono a scuola trascinando, come me, una pesante cartella di cuoio.
Rosalba
Poesia
Poesia
E.Montale Il balcone Pareva facile giuoco/mutare in nulla lo spazio/che m'era aperto, in un tedio/ malcerto il certo tuo fuoco. Ora a quel vuoto ho congiunto/ogni mio tardo motivo,/sull'arduo nulla si spunta/l'ansia di attenderti vivo. La vita che dà barlumi/è quella che sola tu scorgi:/A lei ti sporgi da questa/finestra che non s'illumina.
Rosalba
Animali
Animali
So che non è di moda ma, in linea di massima, amo molto più gli esseri umani che gli animali. In particolare ho una spiccata idiosincrasia per molte razze di cani. Però mi piacciono i gatti, e anche gli uccelli, nonchè gli abitatori del mare. Ho avuto diversi gatti e ne ho un ricordo vivo e gioioso. Ma l'animale domestico più strano che ho avuto modo di frequentare è una tortora che viveva nella casa dei nonni. L'aveva presa mia zia e le aveva spuntato le ali perché non volasse via dalla finestra. Io e mio fratello l'avevamo chiamata "grugo" per il caratteristico suono che emetteva. Tra i nostri giochi c'era quello di nascondere il grugo, sotto il letto o dentro un vaso da notte, ovviamente vuoto. Si trattava poi di ritrovarlo come a nascondino. Inoltre avevamo ideato storie a fumetti che avevano per protagonisti i grughi. Purtroppo non so dove siano finite i quaderni con le nostre strisce fatte a lapis.
Rosalba
Giochi d’infanzia
Giochi d’infanzia
Il mio gioco preferito da bambina si chiamava "far che fossi". Oggi si potrebbe definire gioco simbolico o gioco di ruolo. Quel nome l'avevo inventato io insieme a mio fratello maggiore. Spesso lo facevamo insieme ma, ben presto è diventato un gioco anche solitario che accompagnava i miei giorni come una doppia vita o un amico immaginario. Insomma: si trattava di fingere di essere qualcuno di diverso da noi stessi, magari il personaggio o l'eroina di un romanzo letto (leggevamo molto, allora, fin dalla più tenera età!). Se, ad esempio, decidevamo di far parte della banda dei ragazzi della via Pal, quello eravamo magari per un intero pomeriggio ed oltre. Andavamo a letto senza dimenticare il gioco, che riprendeva appena svegli. Ricordo di essere stata il corsaro verde o nero o la moglie dello stesso e di aver considerato per giorni la mia casa come la nave sulla quale attraversavamo i mari. Ancora meglio se ci trovavamo alla terrazza Mascagni o nella pineta di Tirrenia, dove il gioco aveva ambientazioni più realistiche. Gioco? Sì e no. Era proprio un modo di vivere una vita parallela, fantastica, che si intrecciava con la vita comune, quotidiana. Non disdegnavamo il fatto di far presente agli adulti che la tavola apparecchiata per pranzo si trovava sotto coperta di un brigantino corsaro. Non li coinvolgevamo nel gioco. Si trattava solo di informarli dell'esistenza di una realtà parallela. Loro sorridevano, benevoli: in fondo stavamo tranquilli e non combinavamo pasticci. Più il gioco è diventato solitario, più si è fatto interessante, specie nell'adolescenza, quando fingevo di essere una bellissima ragazza, vestita alla moda, che viveva a Parigi. Cose così! Ma qui si aprirebbe un discorso molto più vasto che interesserebbe di sicuro più di un strizzacervelli!
Rosalba
Musica
Musica
Riguardo alla musica dovrei scrivere tre volumi per quanto è stata ed è importante nella mia vita. Ho sempre preferito la musica unita alle parole. Per fare un esempio "alto" ho sempre amato molto la musica di Bach ma mi sono addirittura estasiata scoprendo le corali e, in seguito, "La passione secondo Matteo" di cui ho il cd col testo in tedesco e traduzione a fronte. Ma voglio raccontare brevemente il mio primo incontro con Mina, come dire il momento in cui sullo schermo televisivo mi è apparsa, già circonfusa di un alone mitico. Era una domenica pomeriggio che trascorrevo a casa degli zii a guardare la televisione in bianco e nero. Interrompendo i miei giochi con i bambini dell'allora patriarcale famiglia, la mia attenzione fu calamitata dallo schermo. All'inizio mi sembrò un'illusione acustica e poi ottica, ma era successo davvero che all'immagine goffa e grassottella di una nota cantante melodica se ne fosse sovrapposta un'altra, del tutto diversa. Un corpo sinuoso fasciato in un abito di lamé, lunghe braccia, lunghissime mani e un neo seducente sulla guancia. Immagino di aver lasciato le braccia penzolare a mezz'aria, mentre lei faceva ondeggiare le sue, ampie e libere come ali di gabbiano. Ma a colpirmi in pieno petto fu la voce di quella strana creatura che si inerpicava veloce su per note rapide e sincopate: "Nessuno ti giuro nessuno nemmeno il destino ci può separare". Per il momento restava in bilico, come un'apparizione, tra anni '50 e '60, come me bambina che rimanevo a guardarla a bocca aperta e provavo a imitarne gesti e movenze davanti allo specchio del bagno.
Rosalba
Tristezza
Tristezza
La tristezza è un sentimento molto diverso dalla rabbia e dall'angoscia. Direi che ha più a che fare con la malinconia o, meglio ancora, citando Spinoza, tristezza è il sentimento di una diminuita potenza associato all'idea di una causa esterna. Associato erroneamente, secondo il grande filosofo, o per scarsa chiarezza di giudizio. Per come la vedo io, la tristezza si associa comunque alla perdita, di qualcosa che ci apparteneva e che magari davamo per scontato, oppure alla perdita di un desiderio, di un'aspirazione. Per questo la collego all'invecchiare, per quel piccolo pezzo di cammino che già sto compiendo rispetto a questa esperienza. Infatti comincio ad avvertire la perdita del "futuro", almeno come lo intendevo prima. Questo non c'entra con il fatto che io possa vivere o meno ancora molti anni. Il fatto vero è che non è più così automatico formulare sogni e progetti. Devo vivere più nel presente, con la saggezza che questo comporta ma anche con l'inevitabile perdita. Quante delle cose che faccio oggi potrò ancora fare domani? Banalmente il bagno in mare, una lunga scarpinata in montagna, un viaggio avventuroso e cose del genere. E' triste pensare che ogni volta potrebbe essere l'ultima. Così come è stato triste, nel corso degli anni ancora giovanili, perdere delle persone care, portate via precocemente da una malattia o altro. Non mi riferisco necessariamente a persone molto vicine a me, ma penso ad esempio a una zia molto bella morta intorno ai sessant'anni per un tumore certamente regalato dal suo lavoro in fabbrica. Ero molto triste, non solo per il fatto che quella persona non ci sarebbe più stata, col suo sorriso e le sue parole, la sua angoscia e le sue improvvise allegrie. Ero triste perché ero impotente. Non potevo fare niente affinché l'evento estremo non si compisse. Non potevo trattenerla e tantomeno immedesimarmi nell'impotenza che lei stava provando mentre precipitava ineluttabilmente verso il nulla o comunque verso l'azzeramento di tutti i significati e i riti del suo vivere quotidiano mentre io avrei continuato a vivere quella dimensione provvisoria o illusoriamente eterna. Provai a infilarmi dentro una chiesa e pregare ma fu del tutto vano.
Rosalba
Avventura
Avventura
Avevo trent'anni o poco più. Non è stata la prima né l'ultima volta in cui ho perso l'orientamento ma quella volta ho forse rischiato maggiormente e in ogni caso il lieto fine è stato abbastanza rapido ed inaspettato. Avevo passato il pomeriggio a cercar funghi nei pressi del piccolo alpeggio montano in cui avevo preso una casa in affitto col mio, allora marito. Lui era rimasto a casa mentre io perlustravo il bosco insieme a due care amiche. Avevamo trovato qualche porcino e molte morelle, a mio avviso più buone e più digeribili, quelle che i pastori del luogo non degnavano di uno sguardo. "Non sono funghi" si limitavano a commentare. Patrizia ne aveva trovati molti di più, grazie al suo occhio di falco e, dopo avere salutato me e Susanna, si era avviata sul sentiero del ritorno, con passo sicuro. Noi due ci attardavamo, ridendo e chiacchierando di tutto un po'. Intanto la sera scendeva e , con essa, la nebbiolina insidiosa dell'autunno incipiente. Non so chi fu la prima di noi a dire: "Via, torniamo a casa, così li puliamo e prepariamo il sugo per la cena". Fatto sta che imboccammo due o tre sentieri prima di renderci conto che non erano quelli che avevamo visto imboccare a Patrizia. Il primo si fermava in una radura dove la forestale raccoglieva il legname, gli altri due si perdevano nel fitto delle faggete già ingiallite dall'autunno. Per un po' la prendemmo sul ridere e continuammo ad accusarci l'un l'altra dello scarso senso di orientamento. Poi la nebbia si fece più fitta e un po' di magone ci prese nel renderci conto che, anche porgendo l'orecchio al suono dei rari motori che passavano sulla strada sterrata che portava al paesino, ci era impossibile individuarne la direzione. "Restiamo ferme" disse Susanna decisa quando ci ritrovammo nella radura usata dalla forestale. "Male che vada si dorme qui, non fa ancora troppo freddo". Assentìi debolmente:"Va bene, ci copriremo con le foglie secche". "E domattina il sentiero lo troviamo di certo". Un lieve sconforto si stava impadronendo di noi insieme all'incoscienza tipica della giovinezza. Fu allora che le voci arrivarono, prima deboli, poi sempre più chiare e concitate. E quelle voci chiamavano i nostri nomi, mentre ci avvicinavamo su uno dei sentieri, più volte percorsi invano. Il mio allora marito aveva mobilitato la forestale e i pastori dell'alpeggio. Grazie alle indicazioni di Patrizia avevano intuito il fatto che avevamo attraversato un ruscello quasi completamente secco, trovandoci così sul versante in discesa della strada che ci allontanava inesorabilmente dal paese. Il resto della serata fu allegro e conviviale ma io e Susanna ci guardavamo di tanto in tanto, di sottecchi, con l'aria un po' delusa di chi avrebbe voluto vivere fino in fondo quell'avventura.
Rosalba
Voce
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Rosalba
Zaino
Zaino
Lo zaino è il compagno di tutte le mie passeggiate, anche in città. Parlo di zainetti sportivi, medi o piccoli, a volte di pelle o comunque colorati. Ma c'è uno zaino particolare che ho ereditato da qualcuno molto tempo fa : uno zaino militare, in mimetica, tubolare. Comodo e capiente nello stesso tempo. Mi ha accompagnato in viaggi, trekking montani e perfino traslochi. Vorrei metterci dentro tutti i quaderni che ho riempito di poesie, pensieri e sogni fin dall'adolescenza. Quaderni segreti che ora non lo sono più, che ora farei leggere a chiunque senza problemi. Nonostante ci si imbatta spesso nelle romanticherie e nei drammi degli amori a senso unico o di quelli respinti dopo che erano stati vissuti e corrisposti. Ci sono le stagioni e gli alberi della mia vita, i prati e le montagne, il suono del vento nelle notti serene e il rumore della pioggia. Poi infilerei i miei vecchi spartiti, quelli che mi hanno aiutato a imparare gli accordi di chitarra e immagazzinare canzonette e ballate che sono tuttora in grado di ricostruire a memoria. Da "Contessa" a "Pensieri e parole", da Guccini a Paoli e De Andrè e molti altri. Spartiti vissuti, sdruciti, con accordi corretti a penna, spartiti che mi hanno seguito in viaggi e partenze. Perfino in camminate per boschi e crinali, in cui anche la chitarra, portata a tracolla, non mi pesava affatto. Beata giovinezza! Poi ci sarebbero calzettoni e magliette ma anche piccoli album di foto in cartaceo, molte ancora in bianco e nero, con i miei riccioli ancora folti come una corona e volti di amici che nemmeno ricordo. Ci metterei volantini e riviste che evocano il mio percorso politico, mai concluso ma aperto a nuove battaglie, oggi improbabili. E una marea di piccoli oggetti utili o insignificanti, una torcia, una lente d'ingrandimento, un mazzo di carte. Senza dimenticare i tarocchi e i vari libri di astrologia e divinazione... Ma se si parla di libri è meglio che mi fermi e chiuda lo zaino con i suoi lacci di stoffa prima che si gonfi troppo fino a scoppiare.
Rosalba
Cibi europei
Cibi europei
Prima di avere problemi di intolleranza amavo il cibo greco, in modo particolare la mussakà. Il piatto ricorda in parte le nostre lasagne e in parte le melanzane alla parmigiana. Infatti si tratta di una specie di lasagna fatta con le melanzane al posto della pasta. Ma il sapore è arricchito da un mix di spezie che evoca proprio la Grecia, almeno quella che ho conosciuto in due viaggi estivi, le stradine che profumavano di gelsomino e di spiedini di montone, tra muri bianchi che spiccavano sullo sfondo dell'azzurro accecante del cielo. Dato che anche in campo gastronomico le cose semplici sono spesso le migliori, voglio ricordare soprattutto l'insalata greca, quella "povera", che negli anni settanta veniva servita al centro del tavolo in un unico vassoio dove ognuno pescava con la forchetta. Giovani e affamati come eravamo in quella particolare vacanza che ho in mente, facevamo a gara a rubarci pezzetti di formaggio greco mescolati ai pomodori e alla cipolla. Accompagnavamo il tutto con risate e vino resinato, un aroma forte e speziato che evoca ancora una volta l'estate, i pini e i carrubi che arrivavano fino a due passi dal mare. Sono tornata in Grecia dopo un po' di anni ma non ho ritrovata l'insalata greca di un tempo, ma una semplice insalata mista come se ne trovano da noi o in qualsiasi paese del Mediterraneo. Per fortuna esiste ancora il vino di resina, la mussakà e altri piatti che hanno conservato il loro fascino originario.
Rosalba
Amici
Amici
Prima che, specie a partire dall'esperienza del femminismo, l'amicizia e l'amore si sovrapponessero in me con sempre maggiore frequenza, ho avuto un'amicizia perfetta, nell'età giusta, per così dire, dai 15 ai 20 anni circa, e anche oltre, attraverso momenti di distacco e riavvicinamento. La mia amica Carla era fatta su misura per me e io per lei. Dividevamo pensieri e esperienze, studio e divertimenti. Avevamo anche diversi punti di contrasto, visioni diverse del mondo e della società che alimentavano le nostre discussioni senza intaccare il piacere di confrontarci. Tutt'altro. Ci eravamo conosciute al ginnasio e l'amicizia è proseguita anche quando lei si è trasferita a Pisa dopo aver vinto il concorso alla Scuola Normale. Entrambi intelligenti e brillanti a scuola, non entravamo mai in concorrenza. Il rispetto era al centro del rapporto, insieme all'accettazione profonda. Carla non era bella ma esercitava un'attrazione sui ragazzi di cui quasi non si rendeva conto. Sguardo magnetico, vitalità a non finire. Io, al confronto, magrolina e delicata, apparivo più fragile, anche se lei non mi considerava tale e mi spronava ogni momento a "farmi le ossa". Un esempio per tutti: mi ha trascinato spesso, durante l'estate, a nuotare al largo, anche col mare mosso, assicurandomi che, al bisogno, avrebbe nuotato lei per entrambe, trainandomi per il braccio. Cosa che ha fatto più di una volta. Non contenta ha condiviso con me la barca a remi che i suoi genitori tenevano posteggiata ai bagni Lido. "Non devi ingrassare, solo farti i muscoli" sentenziava mentre remavo in preda a un mal di mare invincibile. "Buttati e passa tutto" diceva allora e io cercavo di convincermi che sarebbe andata proprio così. Nei brevi periodi di allontanamento ci scrivevamo anche lettere e una volta ci divertimmo a fingere di essere innamorate una dell'altra e "lesbiche". Per usare un'etichetta. Mia madre abboccò quando lesse le nostre lettere di nascosto e piantò una grana a non finire. Ne ridiamo ancora oggi, nonostante che la cosa, a suo tempo, ci abbia fatto arrabbiare molto. Del resto le risate, in gran quantità, erano la cifra principale del nostro rapporto, per telefono o le migliaia di volte che abbiamo trascorso mattinate e pomeriggi insieme.
Rosalba
Aspettative
Aspettative
La mia vita così com'è mi piace abbastanza e posso dire di aver realizzato alcuni dei miei progetti di vita. Ciò non toglie che, di tanto in tanto, sogni una vita anche completamente diversa. Potrei, ad esempio, trasferirmi in un borgo, alle pendici della montagna, e dare una mano a qualche gruppo di giovani che si occupa di apicoltura. Mi piacciono le api e non le temo per niente. Il loro colore mette allegria. Ripeto, è una specie di sogno, ma potrebbe capitare l'occasione o accadere il miracolo. Certo, la cosa avrebbe più senso se il progetto lo realizzassi con una o più persone che magari ancora non conosco. Una rinascita vera e propria in cui non dovrebbero mancare emozioni, magari anche un innamoramento senza implicazioni sessuali, come piacciono a me. Condividere la quotidianità e progetti di studio, in parallelo al lavoro campestre, sarebbe il massimo della felicità. Naturalmente io avrei la mia piccola casa da sola, vicina a quella degli altri, con un'aia e un pergolato in comune. Lo ripeto: è un sogno più che un progetto. Come dice Guccini nella canzone "Cyrano": non sopporto la gente che non sogna.
Rosalba
Svolte
Svolte
Quella volta avevo davvero perso il controllo. Da quasi 15 anni lavoravo nella scuola media e già da tempo non sopportavo i comportamenti tipici dei preadolescenti. Non avevo né il senso materno né il pugno di ferro per arginare le loro bravate, il bullismo latente e così via. Tutto era andato bene fino a che avevo insegnato nel doposcuola come animatrice teatrale, vale a dire come compagna di giochi, con un istinto naturale per far emergere l'improvvisazione, la verve comica e la creatività dei ragazzi. Ma poi, con l'assegnazione della prima cattedra di lettere, ero più o meno crollata. Avevo nella stessa classe bambini e bambine ma anche uomini e donne fatti, con impulsi sessuali e tutto il resto. E dovevo costringerli a imparare regole aride di grammatica e la geografia che amavo ben poco. Così mi ero tuffata nel sogno di vincere un dottorato di ricerca in storia o filosofia e avevo tentato in diverse università, anche al di fuori della mia regione. La speranza era di avere il distacco triennale, pagata meno, ma pagata solo per studiare e produrre, con pubblicazioni, i risultati delle mie ricerche. Mi ero piazzata bene già due o tre volte, avvicinandomi alla terna vincente, ma senza entrare a farne parte. Quella volta l'esame scritto si svolgeva a Urbino e mi ero preparata minuziosamente su Fichte e l'idealismo tedesco, approfondendo i testi dei prof. che formavano la commissione. Ma dopo un viaggio lungo e avventuroso con treno e autobus regionali, mi ero accorta, al momento dell'appello, che avevo dimenticato a casa il documento di riconoscimento. Fu vano implorare che mi facessero partecipare ugualmente. Ancor più vano il tentativo di ragazzi volenterosi che dichiararono il falso per testimoniare la mia identità. I "brutti ceffi" (perché tali erano, ve lo assicuro) degli accademici in giacca e cravatta respinsero le mie istanze, ben felici di avere un elaborato in meno da correggere e la certezza di aver già deciso chi avrebbe vinto il concorso. Mi chiusi in bagno con le lacrime agli occhi e gettai nel cestino i testi vergati dalle loro mani bianchicce. Poi vagai tra le bellezze rinascimentali di Urbino e lo splendore dei boschi dorati dall'autunno, che apparivano sotto di me ad ogni curva di strada. Ero così arrabbiata e triste che presi persino in considerazione l'idea del suicidio. Alla scuola media non sarei tornata, questo era certo, non senza la prospettiva di un cambiamento di vita. Magari avrei potuto licenziarmi e inserirmi in qualche cooperativa agricola. Ma chissà se mi sarei abituata all'isolamento e alla mancanza delle comodità e dei miei spazi vitali. Intanto sedevo su un muretto e guardavo distrattamente, sulla mia agenda, gli orari dei treni del ritorno. Alla fine, ricacciando finalmente indietro le lacrime che avevano voglia di sgorgare, decisi, d'impulso ma senza più ripensamenti. Avrei chiesto il passaggio alla scuola superiore: era una decisione semplice e logica, perché non ci avevo pensato prima? E lo ottenni, in un paesino ben più sperduto di quelli in cui mi sarei trovata a lavorare in una cooperativa agricola, ma andava bene così. Avrei insegnato la filosofia, che amavo e conoscevo bene e sarei riuscita a farla amare anche ai miei studenti. Cosa che puntualmente avvenne. Rimase il sogno di dedicarmi alla ricerca, come una nebbia lontana, qualcosa che non tutti si potevano permettere.
Rosalba
Luoghi
Luoghi
Difficile scegliere tra i tanti luoghi che evocano ricordi e emozioni sommerse. Il primo luogo che mi viene in mente è nella mia città, una strada lungo i fossi, detta "Pontino" che si apre sulla vista della fortezza e di due grandi piazze sullo sfondo. Luce a fiotti, specie nelle ore centrali del giorno e riverberi nell'acqua che rispecchia facciate tremolanti di antichi palazzi dalle tinte pastello, come in certi paesini della riviera ligure. Su questa strada ho camminato per la prima volta da sola, senza adulti al seguito, concedendomi il lusso di una salto in pasticceria, una piccola bottega storica in cui compravo la mia pasta preferita, la "pesca con ciliegina e crema. Solo un altro breve flash su piazza dei cavalieri a Pisa, illuminata da un sole velato in un mattino autunnale. Quasi senza fiato per la bellezza dei palazzi e sopratutto della facciata della scuola normale, ero immersa nel silenzio della Pisa di un altro tempo mentre cercavo di decidere, prosaicamente, se infilarmi nella fila di studenti davanti all'ingresso della mensa o preferire "Montino", con i suoi tranci di pizza o le schiacciatine ripiene di ogni ben di dio.
Rosalba
Sorpresa
Sorpresa
Molte volte mi hanno sorpreso le mie alunne e i miei alunni, durante i nostri dialoghi filosofici. La lezione di filosofia e di scienze umane si svolgeva sotto forma di dialogo. Come minimo, al termine di una mia esposizione, c'era spazio per le domande e le osservazioni. E' in quell'ambito che da parte dei ragazzi sono emerse le trovate più geniali. Una volta, dopo che mi ero dilungata sulla definizione schopenaueriana della vita considerata come un pendolo che oscilla tra la noia e il dolore, partirono a raffica osservazioni, che magari provenivano dal vissuto. A un certo punto una ragazza di solito piuttosto riservata, chiese la parola. Avevo appena fatto notare che tra la noia e il dolore esiste per il filosofo un breve intervallo di quasi gioia quando, dopo aver appagato un desiderio, si interrompe il dolore a cui non è ancora subentrata la noia della mancanza di desideri. La ragazza faceva vagare tra me e i suoi compagni lo sguardo dei suoi occhi verdi, riflessivi. Poi parlò. Citando la legge del pendolo di Galilei, dimostrò in quattro e quattr'otto che l'arco intermedio di oscillazione del pendolo era ben più lungo dell'arco intero. Dunque crollavano, a suo avviso, le fondamenta del pessimismo di Schopenauer dato che la vita aveva lunghi momenti di relativa felicità e solo brevi picchi di noia e dolore. Stupefacente no? Credo che adesso faccia un lavoro di routine in una ditta di spedizioni. Qualche volta la incontro sugli scogli, d'estate: mi fa un cenno di saluto e lascia vagare lo sguardo dei suoi occhi chiari verso l'orizzonte prima di tuffarsi.
Rosalba
Cadute
Cadute
L'idea della caduta evoca in me un forte senso di angoscia. Il terreno che manca sotto i piedi, l'impatto col suolo provocano, insieme al dolore, un senso di fatalità e di impotenza. Nei giorni successivi alla caduta, indipendentemente dall'entità dei danni fisici, si prova un senso di malinconia, forse addirittura di momentanea depressione. Con la voglia di piangere sempre in agguato. Per quanto mi riguarda, il pronto soccorso l'ho frequentato abbastanza. Mai per cose gravi ma, in ogni caso, seccature a non finire. Di solito, prima di una caduta più seria, l'incidente si annuncia con piccole cadute premonitorie. Quando mi sono rotta il polso, la faccenda è andata proprio così. Il piccolo incidente di bici che mi costrinse a portare un gesso ingombrante per l'intero mese di agosto, si era annunciato più di sei mesi prima quando ero andata a trascorrere una specie di settimana bianca, tra Natale e Capodanno, sulle dolomiti di Belluno, insieme a mio fratello e mia cognata. Durante il viaggio il mio umore era inquieto, anche un po' cupo. Mi dissi che non avevo digerito la pizza mangiata nella sosta in valle per il pranzo. Avevo infatti nausea e mal di macchina. Così appena arrivati al piccolo paese, già completamente innevato, sistemai le mie cose nella camera della pensione, dove avevo trascorso belle vacanze anche d'estate e decisi di camminare un po' prima di cena. Andai da sola, armata di doposci e ombrello. La giacca a vento argentata, comprata da Decathlon, mi riparava dal freddo e sui miei ricciolo, allora folti, si depositava un lieve nevischio. Così aprìi l'ombrello e camminai da sola, per una stradina solitaria, per più di un'ora, senza riuscire ad avvertire quell'euforia che di solito accompagna i miei contatti con i paesaggi innevati, anche per il solo fatto di percepire l'odore sottile della neve nell'aria. Infine mi avviai verso la pensione attraverso una piccola scorciatoia avvolta nell'oscurità quasi completa. Non mi accorsi della lastra di ghiaccio nascosta sotto un sottile strato di neve e mi ritrovai di colpo a terra con l'ombrello rovesciato al mio fianco, un forte dolore all'osso sacro e al polso destro. Restai qualche minuto immobile ad assorbire il dolore poi raggiunsi lentamente l'albergo dove informai mio fratello e mia cognata dell'accaduto Dato che la mattina successiva il dolore al polso era abbastanza forte decisi di ripartire, non prima di una visita al pronto soccorso di Belluno dove mio fratello mi accompagnò, nella speranza di convincermi a rimanere. Ero riuscita a lavarmi e pettinarmi, alla meglio, con la mano sinistra. Come potevo pensare di affrontare una pista da sci? Dalle radiografie non risultarono fratture ma restai ferma nella mia decisione di ripartire per Livorno. Sul treno ero serena, rilassata, non potevo immaginare che l'incidente si sarebbe ripetuto, in forma più seria, nel pieno della calura estiva. Intuivo vagamente che per me quella sarebbe stata l'ultima settimana bianca, abortita sul nascere e che tutta una serie di avvenimenti concomitanti, compreso la malattia di mia madre, mi avrebbero impedito di ripetere l'esperimento. A parte qualche sporadica e graditissima ciaspolata nel bianco.
Rosalba
Nascita
Nascita
Io sono una secondogenita ma mio fratello maggiore aveva poco più di un anno quando sono nata. In pratica ci siamo sentiti quasi una coppia, due personcine molto diverse tra loro ma che procedevano di pari passo nella vita. Non avevo ancora compiuto cinque anni quando nacque Paolino. Mamma era nel fulgore dei suoi trent'anni, così la rivedo nelle poche foto del periodo della gravidanza, ovvero di quello "stato interessante" di cui si parlava tra suocere e cognate con strani ammiccamenti. Era l'alba di un piovosissimo novembre quando mio padre venne a svegliarmi sorridente:"E' nato il fratellino" si limitò a dire, "vieni a conoscerlo". Non ricordo il momento preciso in cui lo vidi e neppure il viso di mamma, sicuramente disfatto dalla fatica, nel lettone dove aveva partorito. Ricordo i saltelli di gioia che non riuscivo a interrompere come se mi fossero spuntate due molle sotto i piedi. Guardai, oltre il vetro della finestra il fratello "grande" che si avviava verso la scuola, riparato dal pesante ombrello della zia mentre la pioggia era talmente fitta che le due figure quasi scomparivano sul lucido marciapiede. Questa è la vera vita, dicevo in modo confuso tra me e me. Ora c'è il fratellino e tutto sarà più bello. Nei giorni successivi restavo spesso accanto alla cullina a contemplare i lineamenti perfetti, come dovevano aver fatto i pastori col bambino nella capanna. Pensavo che ben presto avremmo potuto giocare in tre, nel grande corridoio della nostra casa, ma non avevo nessuna fretta. Per ora mi bastava sapere che Paolino era lì, come se fosse finalmente arrivato qualcuno che avevo sempre aspettato.
Rosalba
Oggetti
Oggetti
Avere un temperino mi era sembrato molto emozionante, specie negli anni della preadolescenza, non per via della lama ma proprio per l’oggetto, un po’ proibito, impreziosito dalla rivestitura in madreperla. Era un compagno, una presenza rassicurante nella mia tasca. E mi rappresentava, in certo modo, un po’ donna un po’ maschiaccio. Mio zio me lo aveva fornito sottobanco, se ricordo bene, per non far venire attacchi d’ansia a mia madre, e perché io ero la sua nipote preferita, strana e allampanata. Un geniaccio a scuola, per giunta. Mio padre, bofonchiando col suo fare burbero di sempre, aveva accettato l’inciucio, anche vista la brillante pagella della figlia. Era l’estate dei miei undici anni e fu deciso, da me e dal mio complice adulto, e col silenzio assenso del cognato, di nasconderlo in cantina, tra vecchi libri di uno scaffale troppo alto per suggerire alla madre strane esplorazioni. Poi sarebbe emerso, in forma ufficiale, magari nel compleanno successivo. «Intanto potrò usarlo?» avevo chiesto. «Meglio di no. Cioè, solo qualche volta, magari per ora portatelo in tasca senza estrarlo» aveva aggiunto mio padre notando la mia espressione delusa, «e non dimenticare mai che il suo posto è in cantina». Ma vuoi mettere la soddisfazione di estrarre ad uno ad uno i vari marchingegni: la limetta per le unghie, l’apriscatole e la lama speciale per aprire i ricci di mare? Mi ero guardata bene dall’esplicitare questi pensieri a mio padre che, per quanto ben disposto in quel momento verso di me, sempre padre era e voleva almeno la soddisfazione dell’ultima parola. Li avevo invece confidati allo zio che , strizzandomi l’0cchio, aveva commentato:«Al tempo, ragazzina. Al tempo».
Rosalba
Libro
Libro
Qui c'è veramente l'imbarazzo della scelta ma parlerò soltanto di due libri tra i tanti che ho amato ed amo. Il libro che mi ha toccato il cuore nella mia infanzia è "I ragazzi delle via Pal" di Molnar. Forse non è il primo, ma sono state talmente intense le emozioni suscitate dalla lettura da farmi quasi dimenticare "Le piccole donne" e gli amati romanzi di Salgari. Si sa che un libro funziona quando ci fa immergere in un ambiente e in un'atmosfera e anche quando riusciamo a identificarci con uno o più personaggi. Per un bambino è più facile farlo, specie per una bambina accanita lettrice e portata a fantasticare come ero io. Sull'atmosfera del libro c'è poco da dire, dato che in essa si uniscono, in modo affascinante, quotidianità e avventura. Ma come potevo identificarmi con lotte di bande maschili in un quartiere povero dell'Europa dell'Est? Potevo eccome, ve lo assicuro; al punto da far fatica a riprendere contatto con la mia vita di tutti i giorni. Ancor di più mi identificavo con quegli eroici ragazzi e con Nemesek in particolare. Mingherlino e un po' fragile, come lo ero io, ma coraggioso e leale fino al sacrificio di sè. Si stava formando l'anima di una sessantottina? Scherzi a parte, non sarei mai diventata così eroica, ma una parte di me aspirava ad esserlo. Da adulta ho amato ed amo molto "Conversazione in Sicilia" di Elio Vittorini. E' praticamente l'unico libro che rileggo una volta all'anno. Amo soprattutto l'incipit:"Ero quell'inverno in preda a astratti furori..." e la fuga verso la Sicilia, un ritorno al passato che sospende la depressione del protagonista. Attraverso i profumi, le voci, i ricordi e poi l'incontro con la madre in carne e ossa, con le sue piccole manie e le aringhe arrostite sul fuoco. Una dimensione mitica che sprigiona dall'infanzia e dall'isola stessa. All'interno di quell'ambiente si nascondono grandi personaggi, eroi in incognito, capaci di combattere l'epoca oscura della guerra e del fascismo che non viene esplicitamente nominato per motivi di censura.